Turisti in crescita alle porte degli host «Così rilanciamo le attività di zona»
Più 21% di visite nel 2019. Gli hotel: ora basta
Quindicimila case e seimila stanze offerte su Airbnb, altre migliaia su portali diversi: il mercato degli affitti brevi a Milano vale almeno 180 milioni l’anno e ha numeri impressionanti. Considerando solo i visitatori registrati su Airbnb, nel 2019 sono stati 853 mila (su 11 milioni di turisti totali a Milano). La crescita è del 21%. E in sette casi su 10, gli ospiti vengono accolti direttamente dai privati: la quota di annunci gestiti da operatori professionali è molto più bassa che all’estero.
«Il milanese con un solo alloggio da affittare non può far leva su economie di scala e questo fa salire i prezzi», riflette Enzo Albanese di Sigest. Il dibattito si accende, davanti alle cifre. L’assessore Maran ha evocato la possibilità di contenere in qualche modo il fenomeno delle locazioni brevi per rendere più appetibili quelle a medio lungo termine destinate a studenti e lavoratori, visto che le sistemazioni per loro scarseggiano. Attacca Maurizio Naro, alla testa dell’associazione degli albergatori di Confcommercio: «Gli affitti brevi contribuiscono a far salire i costi delle case che potrebbero essere date in particolare ai giovani. Consentire di avere più di ventimila stanze disponibili per 270 giorni è eccessivo. Molte città lo hanno capito, a Miami addirittura hanno creato una zona rossa dove l’affitto breve è totalmente precluso. Da noi alcune regole ci sarebbero, come il codice identificativo obbligatorio per gli annunci, ma i controlli sono insufficienti. L’ideale sarebbe limitare il fenomeno Airbnb alla condivisione di un alloggio con l’host che ci abita».
Levata di scudi dall’altra parte. «Viene posto un falso problema — è netto Paolo Catoni, esperto del settore immobiliare e ad di Brera apartments —. Nel centro storico, dove i rendimenti sono alti, gli eventuali affittuari alternativi non sarebbero comunque certo gli studenti. Mentre in periferia, a fronte dell’impegno e dei costi per gestire l’alloggio con frequenti check-in e pulizie, i rendimenti netti degli affitti brevi sono addirittura più bassi di quelli a lungo termine. I milanesi se ne stanno rendendo conto, molti proprietari torneranno in modo naturale a quelli di lungo».
Marco Celani, ad di Italianway, sottolinea un altro aspetto: «Sono due mercati completamente diversi, di sicuro la crescita degli affitti brevi non toglie case agli studenti ma semmai aumenta l’attrattività di Milano — è la sua idea —. Si stanno ristrutturando case che prima erano sfitte. E intorno nascono locali, bar, negozi di prossimità». Si pensi alla torre Galfa. Secondo una ricerca dell’Osservatorio Halldis, i quartieri più cari per gli affitti brevi sono, dopo il Quadrilatero, Porta Ticinese, Duomo, Palestro e Cadorna. Ma hanno un certo riscontro anche le zone Bovisa e Bicocca, frequentate dagli studenti. Per l’ad Alberto Melgrati «la partita è quella del conflitto tra le masse turistiche e l’ecosistema cittadino e
Milano ha una capacità di attrazione turistica ancora da sviluppare, a differenza di altre metropoli».
Gli host dal lato loro, fanno fronte comune. «Se ci permettessero affitti di un anno solo, senza il vincolo del 4+4, alcuni proprietari considererebbero affitti più lunghi. L’importante è arginare il sommerso», sottolinea ad esempio Lucia Chessa, aderente ad OspitaMI, associazione degli host. E Patrizia Ottolini: «L’affitto breve implica un attività molto impegnativa ma ospitare altre persone è un piacere che va al di là dell’introito economico. Aumenta la qualità della vita di chi arriva in una città nuova, e di chi condivide le risorse della propria città».
Le preferenze Quadrilatero, Porta Ticinese, Duomo, Palestro e Cadorna i quartieri più ricercati