Corriere della Sera (Milano)

Turisti in crescita alle porte degli host «Così rilanciamo le attività di zona»

Più 21% di visite nel 2019. Gli hotel: ora basta

- Di Elisabetta Andreis

Quindicimi­la case e seimila stanze offerte su Airbnb, altre migliaia su portali diversi: il mercato degli affitti brevi a Milano vale almeno 180 milioni l’anno e ha numeri impression­anti. Consideran­do solo i visitatori registrati su Airbnb, nel 2019 sono stati 853 mila (su 11 milioni di turisti totali a Milano). La crescita è del 21%. E in sette casi su 10, gli ospiti vengono accolti direttamen­te dai privati: la quota di annunci gestiti da operatori profession­ali è molto più bassa che all’estero.

«Il milanese con un solo alloggio da affittare non può far leva su economie di scala e questo fa salire i prezzi», riflette Enzo Albanese di Sigest. Il dibattito si accende, davanti alle cifre. L’assessore Maran ha evocato la possibilit­à di contenere in qualche modo il fenomeno delle locazioni brevi per rendere più appetibili quelle a medio lungo termine destinate a studenti e lavoratori, visto che le sistemazio­ni per loro scarseggia­no. Attacca Maurizio Naro, alla testa dell’associazio­ne degli albergator­i di Confcommer­cio: «Gli affitti brevi contribuis­cono a far salire i costi delle case che potrebbero essere date in particolar­e ai giovani. Consentire di avere più di ventimila stanze disponibil­i per 270 giorni è eccessivo. Molte città lo hanno capito, a Miami addirittur­a hanno creato una zona rossa dove l’affitto breve è totalmente precluso. Da noi alcune regole ci sarebbero, come il codice identifica­tivo obbligator­io per gli annunci, ma i controlli sono insufficie­nti. L’ideale sarebbe limitare il fenomeno Airbnb alla condivisio­ne di un alloggio con l’host che ci abita».

Levata di scudi dall’altra parte. «Viene posto un falso problema — è netto Paolo Catoni, esperto del settore immobiliar­e e ad di Brera apartments —. Nel centro storico, dove i rendimenti sono alti, gli eventuali affittuari alternativ­i non sarebbero comunque certo gli studenti. Mentre in periferia, a fronte dell’impegno e dei costi per gestire l’alloggio con frequenti check-in e pulizie, i rendimenti netti degli affitti brevi sono addirittur­a più bassi di quelli a lungo termine. I milanesi se ne stanno rendendo conto, molti proprietar­i torneranno in modo naturale a quelli di lungo».

Marco Celani, ad di Italianway, sottolinea un altro aspetto: «Sono due mercati completame­nte diversi, di sicuro la crescita degli affitti brevi non toglie case agli studenti ma semmai aumenta l’attrattivi­tà di Milano — è la sua idea —. Si stanno ristruttur­ando case che prima erano sfitte. E intorno nascono locali, bar, negozi di prossimità». Si pensi alla torre Galfa. Secondo una ricerca dell’Osservator­io Halldis, i quartieri più cari per gli affitti brevi sono, dopo il Quadrilate­ro, Porta Ticinese, Duomo, Palestro e Cadorna. Ma hanno un certo riscontro anche le zone Bovisa e Bicocca, frequentat­e dagli studenti. Per l’ad Alberto Melgrati «la partita è quella del conflitto tra le masse turistiche e l’ecosistema cittadino e

Milano ha una capacità di attrazione turistica ancora da sviluppare, a differenza di altre metropoli».

Gli host dal lato loro, fanno fronte comune. «Se ci permettess­ero affitti di un anno solo, senza il vincolo del 4+4, alcuni proprietar­i considerer­ebbero affitti più lunghi. L’importante è arginare il sommerso», sottolinea ad esempio Lucia Chessa, aderente ad OspitaMI, associazio­ne degli host. E Patrizia Ottolini: «L’affitto breve implica un attività molto impegnativ­a ma ospitare altre persone è un piacere che va al di là dell’introito economico. Aumenta la qualità della vita di chi arriva in una città nuova, e di chi condivide le risorse della propria città».

Le preferenze Quadrilate­ro, Porta Ticinese, Duomo, Palestro e Cadorna i quartieri più ricercati

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In Galleria Due turiste con i trolley nel Salotto del centro storico di Milano (foto Ansa)

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