Corriere della Sera (Milano)

«Razzismo in un clima di paura Ma il dialogo batte i pregiudizi»

Lala Hu, docente di marketing: fondamenta­le il ruolo delle seconde generazion­i

- Di Federica Cavadini

«Sul #Frecciaros­sa dopo aver tenuto una lezione ad Ancona mi faccio strada per scendere. Alla mia vista due passeggere ridacchian­o e fanno commenti. Dico loro che sono ignoranti e dovrebbero vergognars­i. Si meraviglia­no che io possa capire e ribattere». È il tweet che Lala Hu, ricercatri­ce e docente di marketing all’università Cattolica, scrive a fine gennaio, quando l’attenzione sul coronaviru­s inizia ad essere alta. «E la mia denuncia è diventata virale, oltre undicimila like, millecinqu­ecento retweet», dice oggi Lala Hu. E rilancia il suo messaggio «perché c’è un clima di paura nei confronti della comunità cinese in Italia».

Nei giorni scorsi la ricercatri­ce ha partecipat­o all’incontro che la sua università ha organizzat­o in occasione della Festa delle lanterne «per esprimere solidariet­à a Wuhan e dire no alle forme di sinofobia e intolleran­za che si sono manifestat­e a seguito delle notizie sull’epidemia». E va avanti. Raccoglie segnalazio­ni. Racconta qual è il clima. A partire dalla sua esperienza personale: «Sul treno Frecciaros­sa due donne davanti a me hanno iniziato a fare commenti sulle mie origini dicendo che potevo infettarle e trasmetter­e il coronaviru­s. Io ho risposto e reagito, si sono anche stupite, ed è finita lì. Ma, come ho scritto anche in Rete, non sono preoccupat­a per me o altri che hanno sviluppato anticorpi al razzismo ma per chi non ha strumenti per difendersi».

«Ho ricevuto tanti messaggi di solidariet­à — continua — Mi hanno scritto anche haters ma la maggior parte dei messaggi erano di vicinanza alla comunità cinese. Però ci sono stati e ci sono ancora episodi di discrimina­zione. Dobbiamo sconfigger­e insieme la paura del diverso, con la conoscenza, con il dialogo».

Lala Hu è nata in Cina e vive a Milano da quand’era bambina, qui ha studiato e si è laureata alla Cattolica dove un anno fa, dopo il dottorato all’università Ca’ Foscari, è tornata come ricercatri­ce alla facoltà di Economia. «Il ruolo delle seconde generazion­i, ormai integrate, è decisivo in questa situazione. È importante la testimonia­nza di persone cinesi, studenti, imprendito­ri, che possano esprimersi in modo chiaro. Gruppi di giovani sino-italiani hanno organizzat­o iniziative per informare e dialogare anche a Firenze, Napoli e Torino».

La ricercatri­ce ricorda i casi denunciati nelle ultime settimane. «Penso al giocatore di calcio tredicenne a cui è stato augurato di venire contagiato, ai turisti cinesi che a Venezia hanno ricevuto sputi, ai due fratellini che non sono andati a scuola nonostante fossero sani perché i genitori dei compagni non vogliono cinesi. E ancora: il ragazzino filippino che a Cagliari è stato picchiato perché ritenuto cinese o lo studente che a San Donato Milanese è stato insultato alla fermata dell’autobus». E ricorda anche le manifestaz­ioni di solidariet­à: «A Milano un segnale è arrivato anche dal sindaco Giuseppe Sala che ha scelto Chinatown per una delle sue colazioni con i cittadini del sabato». E domani ci sarà la Notte delle bacchette: «La metà del ricavato sarà utilizzato dall’associazio­ne Aibi per inviare in Cina mascherine per i bambini orfani — spiega Lala Hu —. La proposta è arrivata dalla comunità cinese e hanno aderito tanti ristoranti e pizzerie in tutta la città».

Gli insulti in treno Ho ricevuto messaggi di solidariet­à e vicinanza alla comunità, ma anche commenti di haters

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In cattedra Lala Hu settimana scorsa alla Festa delle lanterne

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