«Razzismo in un clima di paura Ma il dialogo batte i pregiudizi»
Lala Hu, docente di marketing: fondamentale il ruolo delle seconde generazioni
«Sul #Frecciarossa dopo aver tenuto una lezione ad Ancona mi faccio strada per scendere. Alla mia vista due passeggere ridacchiano e fanno commenti. Dico loro che sono ignoranti e dovrebbero vergognarsi. Si meravigliano che io possa capire e ribattere». È il tweet che Lala Hu, ricercatrice e docente di marketing all’università Cattolica, scrive a fine gennaio, quando l’attenzione sul coronavirus inizia ad essere alta. «E la mia denuncia è diventata virale, oltre undicimila like, millecinquecento retweet», dice oggi Lala Hu. E rilancia il suo messaggio «perché c’è un clima di paura nei confronti della comunità cinese in Italia».
Nei giorni scorsi la ricercatrice ha partecipato all’incontro che la sua università ha organizzato in occasione della Festa delle lanterne «per esprimere solidarietà a Wuhan e dire no alle forme di sinofobia e intolleranza che si sono manifestate a seguito delle notizie sull’epidemia». E va avanti. Raccoglie segnalazioni. Racconta qual è il clima. A partire dalla sua esperienza personale: «Sul treno Frecciarossa due donne davanti a me hanno iniziato a fare commenti sulle mie origini dicendo che potevo infettarle e trasmettere il coronavirus. Io ho risposto e reagito, si sono anche stupite, ed è finita lì. Ma, come ho scritto anche in Rete, non sono preoccupata per me o altri che hanno sviluppato anticorpi al razzismo ma per chi non ha strumenti per difendersi».
«Ho ricevuto tanti messaggi di solidarietà — continua — Mi hanno scritto anche haters ma la maggior parte dei messaggi erano di vicinanza alla comunità cinese. Però ci sono stati e ci sono ancora episodi di discriminazione. Dobbiamo sconfiggere insieme la paura del diverso, con la conoscenza, con il dialogo».
Lala Hu è nata in Cina e vive a Milano da quand’era bambina, qui ha studiato e si è laureata alla Cattolica dove un anno fa, dopo il dottorato all’università Ca’ Foscari, è tornata come ricercatrice alla facoltà di Economia. «Il ruolo delle seconde generazioni, ormai integrate, è decisivo in questa situazione. È importante la testimonianza di persone cinesi, studenti, imprenditori, che possano esprimersi in modo chiaro. Gruppi di giovani sino-italiani hanno organizzato iniziative per informare e dialogare anche a Firenze, Napoli e Torino».
La ricercatrice ricorda i casi denunciati nelle ultime settimane. «Penso al giocatore di calcio tredicenne a cui è stato augurato di venire contagiato, ai turisti cinesi che a Venezia hanno ricevuto sputi, ai due fratellini che non sono andati a scuola nonostante fossero sani perché i genitori dei compagni non vogliono cinesi. E ancora: il ragazzino filippino che a Cagliari è stato picchiato perché ritenuto cinese o lo studente che a San Donato Milanese è stato insultato alla fermata dell’autobus». E ricorda anche le manifestazioni di solidarietà: «A Milano un segnale è arrivato anche dal sindaco Giuseppe Sala che ha scelto Chinatown per una delle sue colazioni con i cittadini del sabato». E domani ci sarà la Notte delle bacchette: «La metà del ricavato sarà utilizzato dall’associazione Aibi per inviare in Cina mascherine per i bambini orfani — spiega Lala Hu —. La proposta è arrivata dalla comunità cinese e hanno aderito tanti ristoranti e pizzerie in tutta la città».
Gli insulti in treno Ho ricevuto messaggi di solidarietà e vicinanza alla comunità, ma anche commenti di haters