Shammah: sale da tenere aperte
«Messaggio sbagliato di una città impaurita»
Per Andrée Ruth Shammah (del Franco Parenti) i teatri sono un «simbolo»: «Sbagliato chiuderli».
«Non capisco». Lo ripete quasi ossessivamente. Andrée Ruth Shammah, anima del Franco Parenti, è in Germania, «arrabbiata» e spaesata per l’obbligo di chiudere il sipario per una settimana. Per lei è il messaggio sbagliato da veicolare, l’idea di una Milano impaurita.
La decisione di tenere chiusi teatri e cinema non le piace, giusto?
«Guardi, giuro, è una cosa che non credo sia mai successa a Milano, almeno dai tempi della guerra. Non ricordo davvero nulla di simile. Non è il segnale giusto da dare, non mi piace. Non capisco». Perché la considera una scelta sbagliata?
«Perché i teatri e i luoghi di cultura sono un simbolo. Vede, andare al lavoro o prendere i mezzi pubblici è una necessità. Andare a vedere uno spettacolo è una scelta, nessuno ti obbliga. Se anche pochi ragionevoli vogliono assistere, qual è il rischio? Venga pure poca gente, ma i teatri sono luoghi che devono restare aperti. Una città con i teatri chiusi... non va bene. E poi, una città che tace alla sera... il coprifuoco... non capisco. Come cittadina vorrei che qualcuno mi spiegasse cosa sta succedendo».
Cosa non la convince? «Ha letto cosa ha scritto la direttrice del laboratorio di analisi del Sacco? È molto più mortale la normale influenza. Si sta diffondendo il panico, e la scelta di chiudere i teatri è un segnale in questo senso. Posso leggerle parole non mie?».
Prego.
«“Non siamo più capaci di equilibrato, adulto, sano rapporto con la morte. Il nostro destino di morenti non trova più codici culturali capaci di elaborarlo e affrontarlo ponendoci all’altezza del compito assegnatoci dalle tante minacce letali che gravano sulle nostre vite e sul nostro mondo”. Le ha scritte Antonio Scurati. La piccola possibilità che questo virus possa anche diventare letale ci ha ricordato che siamo esseri mortali».
Il Pier Lombardo ha però annullato tutti e tre gli spettacoli in programma. Perché?
«Guardi, io volevo tenere aperto a tutti i costi. Ed è quello che ho comunicato con la nostra newsletter stamattina (ieri, ndr) e sui social network. Poi però è arrivata la notizia che la Regione stava lavorando all’ordinanza. Io, da qua, non riuscivo a capire, a tenermi informata: era ufficiale o no? Intanto tutti hanno iniziato a chiudere: la Scala, il Piccolo, la Triennale. Devo fare invece i complimenti all’Elfo, loro sono andati fino in fondo, bravi. Io però mi sono sentita sola, e anche se avevo gli attori già in costume, desiderosi di andare sul palco, alla fine ho annullato tutto».
In che senso si è sentita sola?
«Ho ricevuto un pressing affinché chiudessi il teatro. Sui social ci accusavano: “Volete restare aperti solo per motivi economici”, ci davano dei pazzi. Sono mortificata ma il mio desiderio di far continuare la vita nella sua normalità, con tutte le cautele e attenzioni, in attesa di notifiche ufficiali, mi ha fatto una volta ancora ritrovare sola. Ma continuo a pensare che sarebbe stato bello, non sottovalutando la situazione, non far vincere la paura».
L’impatto Non ricordo nulla di simile Credo sia una cosa mai successa almeno dai tempi della guerra
L’attacco Ho avuto pressioni per chiudere la sala. Ci accusavano di voler continuare per motivi economici