«Finite pasta e acqua Mai viste resse così» Psicosi tra gli scaffali
Assedio ai supermarket ma sui mezzi pochi passeggeri
La Milano del coronavirus è una città che prova a rimanere razionale ma che non sempre ci riesce bene. Nel mettere in campo tutte le cautele suggerite dalle istituzioni, la paura di un possibile contagio serpeggia e in qualche caso sfugge di mano. Quasi assaltate le casse dell’Esselunga di via Novara, all’Unes di viale Premuda, al Carrefour di corso Lodi e al Conad di via Cesare Correnti, solo per citare alcuni esempi. Carrelli strapieni e molti scaffali rimasti senza scorte, dalla carne fino alle salviette detergenti per le mani. «Non ricordo una ressa così negli ultimi anni. Erano quasi finite le bottiglie di acqua, la pasta e la carne da surgelare», testimonia dall’Unes Vincenza Ricupero, 43 anni, titolare di un panificio.
All’ingresso delle farmacie i cartelli «No masks, no amuchina» parlano chiaro. «Le abbiamo esaurite e non è possibile riordinarle: non ce ne sono nei magazzini», dicono in corso Genova. Su Amazon appaiono offerte al limite dello sciacallaggio, come «Amuchina coronavirus» (flacone da 500 ml) a 195 euro e «50 Mascherine coronavirus» a 122 euro: gli annunci scompaiono dopo poco, come se gli articoli si esaurissero velocemente. Per le consegne Amazon prime, alle 12 di ieri non era già disponibile nessuna fascia oraria fino a martedì.
In centro cinema, musei e teatri tolgono le locandine e abbassano le clér, mentre negozi e bar lamentano clientela dimezzata. Da Cracco a Camparino nessuno fa eccezione neanche in Galleria. «La settimana della moda per noi di solito è una manna. Quest’anno siamo delusi, in particolare oggi (ieri, ndr)», osserva il caposala del ristorante Biffi. Anche i commercianti certificano il crolla d’affari: «È il giorno peggiore, un quarto delle vendite dell’abbigliamento si è volatilizzato in tutte le strade dello shopping» dicono dai negozi.
Fabio Acampora — gestore quattro ristoranti (Porteno, Living, Refeel, Pisco) e lo Swiss Corner — è provato: «Una prenotazione su due è disdettata — calcola —. Il problema è capire quanto durerà lo stato di allerta. Non voglio neanche pensare all’ipotesi che si arrivi all’ordinanza di chiusura per gli esercizi pubblici». Nessuna traccia delle code per visitare il Duomo,
prima dell’annuncio della chiusura, e alla messa del mattino i fedeli occupano solo le prime panche: «Pochi si sono scambiati il segno di pace stringendosi la mano. Io non l’ho fatto per prudenza» ammette Daniela Sogni, 42 anni, impiegata in banca.
Sono saltati i tornei di calcio tra ragazzi, il cinema Anteo ha annullato gli incontri con Elio Germano e Carlo Verdone, in metrò si viaggia con la mascherina, italiani e turisti. «Mai viste la 61 e la 79 così vuote», concordano i conducenti di bus Atm Sebastiano Aprile e Francesco Lo Muto.
Qualche oratorio prova a rimanere aperto, come San Lorenzo alle Colonne, e i bambini calciano il pallone mentre i genitori, nell’angolo, discutono sulla chiusura delle scuole. «Le aziende continuano a chiamarmi per capire come gestire la situazione senza creare allarmismi», racconta il medico del lavoro Chiara Marsili. Negli uffici rimandate riunioni e incontri di formazione, saltano i convegni: «Ho appena annullato un evento da 200 persone, ci lavoravamo da mesi e avevamo diversi relatori che arrivavano da fuori», fa sapere Magda Antonioli, docente della Bocconi esperta di turismo.
Davanti alla casa di riposo Anni Azzurri alcuni parenti sono spiazzati: «Visite agli anziani bloccate per almeno 72 ore e lo abbiamo saputo adesso» si rattristano.