Corriere della Sera (Milano)

«Così si annulla l’effetto Expo»

- di Pierluigi Panza

Il direttore di Brera, James Bradburne dice: «Vedere Duomo, Scala e Brera chiusi mi rattrista».

La storia della pittura, specie lombarda, è ricca di tele che raffiguran­o la Chiesa in prima linea a contatto con gli appestati. Si pensi a «San Carlo comunica gli appestati» di Tanzio da Varallo oppure a «Carlo Borromeo visita gli appestati» di Giovan Battista Crespi. Oggi, per molto, molto meno Chiesa e Belle Arti sono state messe sulla difensiva, quasi private di un proprio compito secolare: quello consolator­io, quello di stare vicino a chi soffre. Proprio chiese, teatri e musei erano i luoghi da chiudere? I luoghi più alti della cultura europea vengano chiusi, ma gli internet-point e gli Apple-center possono stare aperti. Sono chiese e musei le palestre del contagio?

«Vedere il Duomo, la Scala e Brera chiusi mi rattrista, perché sono simboli della cultura, della città e della ciIeri viltà – afferma il direttore di Brera, James Bradburne —. Non posso che guardare il museo chiuso senza una particolar­e emozione. È giustifica­to, non sono io che devo valutare le misure da adottare! Ma questi sono i luoghi dove le persone vanno anche per consolazio­ne, per fare esperienza e darsi forza».

Le era mai successo una cosa simile?

«No, non conosco altra situazione. Dobbiamo andare molto indietro, forse ai tempi della peste hanno chiuso città intere, non durante la guerra. sono passato davanti al bar Jamaica, qui a Brera, era aperto e c’era scritto: “Abbiamo vissuto sotto i bombardame­nti, non siamo chiusi”. Ci ho visto spirito di reazione».

La contaminaz­ione tra gli individui — sbandierat­a sino a ieri come sistema per rendere più produttive le aziende —, ora fa paura. E anche la società aperta, dello scambio. Riemergono la tragedia inventata da Camus, i corpi sconvolti dipinti da Poussin in «La peste di Ashdod». Eppure, c’è chi, come la direttrice del Teatro Franco Parenti prende un po’ le distanze da una decisione draconiana della quale già si intravvedo­no le conseguenz­e. Non si poteva entrare in teatri e musei con sistemi di controllo?

«Il valore simbolico è basilare, una città deve dimostrars­i pronta a reagire. La misura adottata è molto pesante. Se io avessi avuto potere, probabilme­nte avrei detto di trovare un modo per assicurare la sicurezza senza una chiusura totale. Ma non spetta a me e mi attengo, ovviamente. Ci vuole resistenza, coraggio e coesione sociale».

Il pericolo è il crollo delle visite turistiche.

«Sì. Ci saranno ripercussi­oni che dureranno per molto tempo. Come Expo crea una fama che sfrutti per dieci anni, questa situazione la cancella e ne innesca una contraria per anni. Sono certo che la situazione avrà effetto negativo anche anni dopo che si è risolta. Disturba l’attrattivi­tà del Paese. Ora si discute di posticipar­e il Salone del mobile, la Fiera di Bologna: ma ciò ha un impatto fortissimo».

Le perdite?

«Borse in calo, Italia che rischia la recessione: questo mi sembra probabile. Ora saranno valutate dal Governo soluzioni economiche. Ricordo che dopo l’11 settembre, Thomas Krenz, il direttore del Guggenheim di New York, dovette licenziare diverso personale e perdette tre milioni al mese nei primi tempi. Fu un disastro».

E Brera?

«Spero un fine anno ancora da record; ma eliminando una domenica gratuita e chiudendo per una o due settimane di apertura come si fa? Attendiamo le nuove misure. Per ora la previsione è di chiusura sino a martedì».

Emozione Vedere il Duomo, la Scala e Brera chiusi mi rattrista perché sono simboli della cultura, della città e della civiltà Sono luoghi dove le persone vanno anche per consolazio­ne e darsi forza

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La collezione La Pinacoteca di Brera è chiusa da domenica pomeriggio per la direttiva regionale, concordata con il governo, che blocca anche l'attività museale

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