Termometri, smart working, raccomandazioni e fai-da-te La salute in aziende e uffici
Chiusure e ferie improvvise. Comune, sì al telelavoro
Dove non può lo smart working dovrebbe valere il buon senso. Mentre si moltiplicano le aziende e le istituzioni che consentono il telelavoro (da ieri esteso a tutti i dipendenti del Comune di Milano), le imprese fanno i conti con la necessità di salvaguardare la salute dei lavoratori a cui non è possibile applicarlo. C’è chi si limita a divulgare le disposizioni del ministero della Salute con le norme igieniche per prevenire l’infezione da coronavirus e chi le integra con dotazioni (guanti e mascherine) o azioni mirate (igienizzazioni intensificate, misurazione della febbre o sospensione di attività straordinarie), autocertificazioni da far compilare ai propri dipendenti o inviti a restare a casa in permesso retribuito. A cui si aggiungono i lavoratori che si mettono autonomamente in ferie.
La Saes a Lainate (materiale funzionale avanzato), la Luceplan alla Bovisasca (lampade) e la Thales a Gorgonzola (elettronica aerospaziale) — per fare qualche esempio — sono rimaste chiuse a scopo precauzionale ieri e lunedì. La Travaglini di Cinisello Balsamo ha comunicato ai suoi dipendenti che «comprendeva le perplessità e l’eventuale astensione dei lavoratori». Ma nessun dipendente, al momento, si è messo in ferie. Agli uffici Stabilo di via Messina, su 40 dipendenti, sono rimasti in tre, racconta il general manager di Stabilo Italia Alberto Mazza: «Tutti i dipendenti del commerciale e del marketing sono in smart working. Tra chi non ha questa possibilità (i quattro del customer service), due colleghi si sono messi in ferie e due continuano a lavorare».
«C’è un po’ di confusione», dice Roberta Turi, segretaria Generale Fiom Cgil Milano: «Ci sono aziende dove gli operai vanno in fabbrica e in mensa, ma non possono accedere all’area caffé per “evitare assembramenti di persone”. Le misure precauzionali non si possono inventare: ci si attiene a quelle ministeriali». Ma alcuni le integrano. Mentre la Bulloneria Fontana di Veduggio Con Colzano ha distribuito a tutti una mascherina, la Amisco di Paderno Dugnano (bobine elettriche incapsulate) e la De Nora (leader in tecnologie elettrochimiche) mascherina e Amuchina, c’è chi ieri ha misurato la temperatura a tutti i lavoratori. È il caso della Hyster-yale di Masate, che produce carrelli elevatori.
Iniziativa fatta propria anche da Carrefour Italia. Dove il 95 per cento dei lavoratori opera in punti vendita o in depositi logistici. «Nei negozi della Lombardia e del Veneto abbiamo intensificato l’igienizzazione di carrelli, casse e punti di frequente contatto, e dato disposizione per la rilevazione della temperatura dei dipendenti», dice l’azienda. A questo si aggiunge «un ordine massiccio di mascherine che dovrebbe arrivare a breve». L’azienda ha chiesto a tutti i dipendenti «in tutti i punti vendita di indossare guanti usa e getta e di utilizzare frequentemente prodotti igienizzanti». Nessun caso di astensione da lavoro, tolti i «tre dipendenti residenti in zona rossa e i 20 entrati in contatto con persone tornate dalla Cina o risultate positive al tampone a cui l’azienda ha chiesto di astenersi dal lavoro per 14 giorni». Esselunga ha «sospeso le attività straordinarie nei punti vendita come gli eventi per la degustazione di prodotti, i corsi di formazione e le attività negli spazi bimbi», dice la società. Il gigante dell’ecommerce ha fornito «ad ogni sito Amazon le indicazioni igieniche da rispettare secondo le agenzie sanitarie internazionali», ma chiarisce che non richiede ai dipendenti «di indossare mascherine, a meno che non sia espressamente richiesto dalle autorità locali o sanitarie».