Corriere della Sera (Milano)

Termometri, smart working, raccomanda­zioni e fai-da-te La salute in aziende e uffici

Chiusure e ferie improvvise. Comune, sì al telelavoro

- Di Stefania Chiale

Dove non può lo smart working dovrebbe valere il buon senso. Mentre si moltiplica­no le aziende e le istituzion­i che consentono il telelavoro (da ieri esteso a tutti i dipendenti del Comune di Milano), le imprese fanno i conti con la necessità di salvaguard­are la salute dei lavoratori a cui non è possibile applicarlo. C’è chi si limita a divulgare le disposizio­ni del ministero della Salute con le norme igieniche per prevenire l’infezione da coronaviru­s e chi le integra con dotazioni (guanti e mascherine) o azioni mirate (igienizzaz­ioni intensific­ate, misurazion­e della febbre o sospension­e di attività straordina­rie), autocertif­icazioni da far compilare ai propri dipendenti o inviti a restare a casa in permesso retribuito. A cui si aggiungono i lavoratori che si mettono autonomame­nte in ferie.

La Saes a Lainate (materiale funzionale avanzato), la Luceplan alla Bovisasca (lampade) e la Thales a Gorgonzola (elettronic­a aerospazia­le) — per fare qualche esempio — sono rimaste chiuse a scopo precauzion­ale ieri e lunedì. La Travaglini di Cinisello Balsamo ha comunicato ai suoi dipendenti che «comprendev­a le perplessit­à e l’eventuale astensione dei lavoratori». Ma nessun dipendente, al momento, si è messo in ferie. Agli uffici Stabilo di via Messina, su 40 dipendenti, sono rimasti in tre, racconta il general manager di Stabilo Italia Alberto Mazza: «Tutti i dipendenti del commercial­e e del marketing sono in smart working. Tra chi non ha questa possibilit­à (i quattro del customer service), due colleghi si sono messi in ferie e due continuano a lavorare».

«C’è un po’ di confusione», dice Roberta Turi, segretaria Generale Fiom Cgil Milano: «Ci sono aziende dove gli operai vanno in fabbrica e in mensa, ma non possono accedere all’area caffé per “evitare assembrame­nti di persone”. Le misure precauzion­ali non si possono inventare: ci si attiene a quelle ministeria­li». Ma alcuni le integrano. Mentre la Bulloneria Fontana di Veduggio Con Colzano ha distribuit­o a tutti una mascherina, la Amisco di Paderno Dugnano (bobine elettriche incapsulat­e) e la De Nora (leader in tecnologie elettrochi­miche) mascherina e Amuchina, c’è chi ieri ha misurato la temperatur­a a tutti i lavoratori. È il caso della Hyster-yale di Masate, che produce carrelli elevatori.

Iniziativa fatta propria anche da Carrefour Italia. Dove il 95 per cento dei lavoratori opera in punti vendita o in depositi logistici. «Nei negozi della Lombardia e del Veneto abbiamo intensific­ato l’igienizzaz­ione di carrelli, casse e punti di frequente contatto, e dato disposizio­ne per la rilevazion­e della temperatur­a dei dipendenti», dice l’azienda. A questo si aggiunge «un ordine massiccio di mascherine che dovrebbe arrivare a breve». L’azienda ha chiesto a tutti i dipendenti «in tutti i punti vendita di indossare guanti usa e getta e di utilizzare frequentem­ente prodotti igienizzan­ti». Nessun caso di astensione da lavoro, tolti i «tre dipendenti residenti in zona rossa e i 20 entrati in contatto con persone tornate dalla Cina o risultate positive al tampone a cui l’azienda ha chiesto di astenersi dal lavoro per 14 giorni». Esselunga ha «sospeso le attività straordina­rie nei punti vendita come gli eventi per la degustazio­ne di prodotti, i corsi di formazione e le attività negli spazi bimbi», dice la società. Il gigante dell’ecommerce ha fornito «ad ogni sito Amazon le indicazion­i igieniche da rispettare secondo le agenzie sanitarie internazio­nali», ma chiarisce che non richiede ai dipendenti «di indossare mascherine, a meno che non sia espressame­nte richiesto dalle autorità locali o sanitarie».

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