«Costretti dentro l’hotel» La quarantena (di lusso) a Tenerife
«Dal mio balcone vedo un magnifico tramonto e quando finiamo questa telefonata scenderò a fare un’altra nuotata. E stasera possiamo tornare a contare sul ristorante...». Paolo Martelli ha 89 anni ma potrebbe fare generose donazioni di vitalità e — soprattutto — di sguardo lucido e ironico sulla vita. Per il terzo anno consecutivo, con la moglie Laura, ha scelto di trascorrere due settimane di vacanza all’hotel Adeje di Tenerife. Ma questa volta a movimentare il soggiorno della coppia milanese è subentrato il famigerato coronavirus che, al momento della partenza, sembrava una questione limitata a Wuhan e allo Spallanzani di Roma. E invece, dopo che tra gli ospiti del grande albergo è stato trovato un medico italiano positivo al virus è scattata la quarantena per tutti. Un isolamento di lusso, ma non per questo privo di apprensione. «Oggi va tutto bene — spiega con la voce di chi si sente comunque in vacanza — e tutti quanti hanno ripreso a circolare per l’albergo, dopo i divieti dell’altra sera quando abbiamo vissuto ore di incertezza. Dopo l’ordine di non muoverci dalle stanze ci hanno fatto sapere che saremmo stati sottoposti a imponenti controlli medici. Abbiamo atteso, non nascondo con qualche preoccupazione sebbene non avessimo avuto contatti con la persona risultata positiva. ma alla fine tutto si è risolto con il passaggio di due infermiere. Erano vestite come i militari del film Cassandra crossing, per chi se lo ricorda, con le tute bianche completamente isolanti, ci hanno misurato la temperatura e poi ci hanno consegnato un termometro dicendo che avremmo dovuto controllarci da soli. Fine». Dopodiché a generare sconcerto è stata la gestione della struttura: «Hanno lasciato l’hotel senza personale, quindi non funzionava il ristorante, nessuno ha pulito e riordinato le stanze e questo è stato disorientante. Ma un giorno di panini non ha mai ucciso nessuno». Atmosfera da vacanza o prevale la tensione? «Qui dentro non possiamo lamentarci, si sta bene — dice —, l’unica differenza è che non possiamo uscire dall’albergo, anche perché siamo circondati dalla polizia. Ma basta non farci caso». Il rientro è previsto per sabato: e se invece le autorità spagnole decidessero diversamente? «Mi meraviglierei, anche se capisco che qui vivono di turismo e hanno molti motivi per essere prudenti — commenta senza scomporsi — ma in caso contrario vorrà dire che ci fermeremo in questo ghetto a quattro stelle più a lungo delle solite due settimane».