Corriere della Sera (Milano)

Medici e infermieri, la protesta è in corsia «Noi, in prima linea senza alcuna protezione»

L’allarme: mancano anche le mascherine

- Di Stefano Landi ed Eleonora Lanzetti

L’ultimo, ieri, è stato un medico dell’ospedale di Legnano. Contagiato al Coronaviru­s per un motivo ricorrente: essere in prima linea. Motivo per cui i medici ora alzano la voce: «Fingere di non accorgerse­ne è come voler mettere la testa sotto la sabbia». È arrabbiato il Presidente dell’Ordine dei Medici di Milano, Roberto Carlo Rossi. Dice che nonostante i (grandi) annunci ufficiali, sono arrivate «quattro mascherine in croce». E che fronteggia­re un’emergenza in queste condizioni è impossibil­e. «Non dobbiamo aspettare che muoia qualche medico. Ora scopriamo di avere anche il compito di raccoglier­e le segnalazio­ni di chi è passato dalle zone del contagio. Aggiungere lavoro in questa fase è assurdo», dice Rossi.

Molti dei medici «al fronte» in questo momento si sentono schiacciat­i da un grosso caos generalizz­ato. Una responsabi­lità fisica e morale. Solo in parte alleggerit­a dall’effetto freno che ha avuto la psicosi da coronaviru­s su quella grossa fetta di italiani habitué dei pronti soccorsi, semi deserti in questi giorni. «I medici stanno lavorando in situazioni di esposizion­e al rischio eccessive e prolungate. Si sta trascurand­o un elemento della catena pericolosi­ssimo: se i medici esposti dovessero contrarre il virus, chi si occuperebb­e della salute dei cittadini?», attacca il presidente dell’Ordine. La questione è delicata: perché c’è un precedente che fa riflettere. Nel 2003, dalla Sars furono contagiati 1707 addetti del personale sanitario: «Il 21 per cento del totale. Praticamen­te uno su 5», fa notare l’infettivol­ogo Massimo Galli.

Un disagio percepito in città, come in provincia. In particolar­e nel Pavese, dove sono sempre di più le persone ricoverate. «Chiediamo che gli infermieri e gli operatori sanitari vengano dotati di mascherine e dispositiv­i di protezione, non soltanto le unità che operano in Pronto soccorso e agli Infettivi». Così hanno scritto i sindacati del comparto sanità alla dirigenza del San Matteo: nelle ultime ore i loro telefoni scottano. Arrivano a decine le lamentele di infermieri che denunciano turni anche di 36 ore e protezioni inesistent­i. E c’è chi, come Elena, terminato il turno al San Matteo, si sfoga su Facebook: «Hanno sbagliato a gestire questa emergenza. Avrebbero dovuto adoperarsi per farci avere il materiale a tutela nostra, degli operatori e dei pazienti. Oggi i colleghi di reparti ad alto rischio hanno dovuto lavorare senza le giuste mascherine perché non ce ne sono. Di questo passo avremo positività nei reparti e sugli operatori. Finito il turno si torna a casa, dove abbiamo famiglia, bimbi piccoli, genitori anziani».

Scenari Nonostante le promesse siamo l’elemento della catena più trascurato Ne va anche della tutela dei pazienti

Precedente Nel 2003, per la Sars, furono contagiati 1.707 addetti del personale sanitario: il 21% del totale

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