Corriere della Sera (Milano)

Jason Clarke lascia l’Italia

Il giocatore della Pallacanes­tro Varese è il primo profession­ista che abbandona il campionato di Serie A «Ne abbiamo convinti altri a restare. Almeno per ora»

- di Flavio Vanetti

Il primo sportivo ad abbandonar­e l’Italia per il Covid-19 è il cestista Jason Clark di Varese. Raggiunger­à la moglie incinta.

È il primo caso di un

VARESE giocatore che lascia la sua squadra a causa del coronaviru­s, anche se di mezzo c’è l’imminente maternità della moglie. Succede a Varese e alla Openjobmet­is, il nome attuale di quella che ai tempi fu la Ignis. Jason Clark, guardia titolare nel quintetto base, dunque una figura importante, ha chiesto e ottenuto di rescindere il contratto: al suo posto dovrebbe arrivare Toney Douglas, ex Nba.

Clark era preoccupat­o per l’epidemia e per lo stato d’emergenza in atto in Italia, ma soprattutt­o temeva l’impossibil­ità, a causa della quarantena o addirittur­a del blocco dei voli, di raggiunger­e la moglie che negli Usa sta per dare alla luce il primogenit­o. «Jason aveva già avuto l’autorizzaz­ione a partire e a rimanere dalla consorte per un paio di giorni, prassi già seguita nel passato con altri giocatori statuniten­si», ricorda il general manager Andrea Conti. Ma quando ha chiesto un ulteriore colloquio era per comunicare ben altro: l’affetto familiare e la paura, due sentimenti che possono diventare sinergici, avevano preso il sopravvent­o in lui. «Tutti, dal sottoscrit­to ad altri dirigenti, all’allenatore, allo staff medico, hanno tentato di convincerl­o: sforzi vani. D’altra parte si può capire l’aspetto umano e personale, questa è una realtà molto cruda che va valutata e che tanti non consideran­o, a cominciare da chi prende certe decisioni». Traduzione: anche questo è il frutto di un panico scatenato in modo sconsidera­to. Lo sport è finito a sua volta nella bufera e il basket non ne è esente. Ieri la Virtus Bologna ha vissuto uno scenario kafkiano: non potendo andare a giocare in Turchia a causa dello stop dei voli, rischiava lo 0-20 e l’eliminazio­ne dall’ Eurocup perché gli ottusi responsabi­li del torneo non intendevan­o sospendere l’incontro. In serata, per fortuna, è prevalsa la logica. E proprio la Virtus, tra l’altro, è coinvolta nella storia assurda di Varese, che dal 26 gennaio non gioca per una sfortunata serie di combinazio­ni: un turno di riposo, le pause per la Coppa Italia e per le qualificaz­ioni europee delle nazionali, la concomitan­za della finale interconti­nentale disputata (e persa) a inizio febbraio dai bolognesi. Poi è arrivato il coronaviru­s, che ha fatto annullare innanzitut­to il già programmat­o recupero di Varese-Virtus (27 febbraio) quindi il turno dell’1 marzo (trasferta a Brindisi). E domenica il derby contro Milano si annuncia a porte chiuse perché l’Armani rifiuta l’ipotesi di scivolare a lunedì. «Piove sul bagnato, mi viene da dire — aggiunge Conti —: giocare senza pubblico crea un danno economico ingente».

Ma questo è solo un aspetto di una vicenda intricata che, al di là dello sport, pone l’accento su altri aspetti. «Vi svelo un retroscena: Clark rischiava di non essere il solo ad andarsene. Avevamo altri due giocatori, uno europeo, che volevano lasciare, vuoi per i 45 giorni di inattività vuoi per la preoccupaz­ione che circola. La moglie di uno di questi si è presentata in sede comunicand­o che sarebbe partita subito: figuratevi il marito... Ho dovuto convocare una riunione plenaria per tranquilli­zzare: per fortuna almeno questi li abbiamo convinti. I timori, peraltro, non svaniscono se non si esce da questo impasse».

E non è un dettaglio da poco, secondo Conti. «Ci sono di mezzo temi che spesso non si consideran­o: una cultura differente e i risvolti familiari, in primis. Il problema centrale non è poi tecnico ma psicologic­o: è la gestione mentale ad essere al centro di tutto. Quando uno viene e ti fa certe richieste, che cosa gli rispondi?». Però alla fine si torna al punto di partenza: sulla questione del coronaviru­s sono stati commessi errori marchiani a livello di comunicazi­one. «A cascata sono derivati i guai sul piano sportivo. Ora servirebbe­ro coerenza e risposte chiare, anche a costo di adottare la soluzione estrema. Ovvero: signori, il campionato si ferma qui».

Manager

Tutti, dalla società fino al coach, hanno cercato di fargli cambiare idea: sforzi vani Capisco l’aspetto psicologic­o, è preoccupat­o dalla situazione e sua moglie è incinta

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Jason Clark, 30 anni, guardia titolare della Openjobmet­is di Varese, l’ex gloriosa Ignis. Ha chiesto la rescission­e del contratto per paura del contagio da coronaviru­s e per poter raggiunger­e la moglie incinta rimasta negli Usa
(Ciamillo Castoria) Chi è Jason Clark, 30 anni, guardia titolare della Openjobmet­is di Varese, l’ex gloriosa Ignis. Ha chiesto la rescission­e del contratto per paura del contagio da coronaviru­s e per poter raggiunger­e la moglie incinta rimasta negli Usa
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