Jason Clarke lascia l’Italia
Il giocatore della Pallacanestro Varese è il primo professionista che abbandona il campionato di Serie A «Ne abbiamo convinti altri a restare. Almeno per ora»
Il primo sportivo ad abbandonare l’Italia per il Covid-19 è il cestista Jason Clark di Varese. Raggiungerà la moglie incinta.
È il primo caso di un
VARESE giocatore che lascia la sua squadra a causa del coronavirus, anche se di mezzo c’è l’imminente maternità della moglie. Succede a Varese e alla Openjobmetis, il nome attuale di quella che ai tempi fu la Ignis. Jason Clark, guardia titolare nel quintetto base, dunque una figura importante, ha chiesto e ottenuto di rescindere il contratto: al suo posto dovrebbe arrivare Toney Douglas, ex Nba.
Clark era preoccupato per l’epidemia e per lo stato d’emergenza in atto in Italia, ma soprattutto temeva l’impossibilità, a causa della quarantena o addirittura del blocco dei voli, di raggiungere la moglie che negli Usa sta per dare alla luce il primogenito. «Jason aveva già avuto l’autorizzazione a partire e a rimanere dalla consorte per un paio di giorni, prassi già seguita nel passato con altri giocatori statunitensi», ricorda il general manager Andrea Conti. Ma quando ha chiesto un ulteriore colloquio era per comunicare ben altro: l’affetto familiare e la paura, due sentimenti che possono diventare sinergici, avevano preso il sopravvento in lui. «Tutti, dal sottoscritto ad altri dirigenti, all’allenatore, allo staff medico, hanno tentato di convincerlo: sforzi vani. D’altra parte si può capire l’aspetto umano e personale, questa è una realtà molto cruda che va valutata e che tanti non considerano, a cominciare da chi prende certe decisioni». Traduzione: anche questo è il frutto di un panico scatenato in modo sconsiderato. Lo sport è finito a sua volta nella bufera e il basket non ne è esente. Ieri la Virtus Bologna ha vissuto uno scenario kafkiano: non potendo andare a giocare in Turchia a causa dello stop dei voli, rischiava lo 0-20 e l’eliminazione dall’ Eurocup perché gli ottusi responsabili del torneo non intendevano sospendere l’incontro. In serata, per fortuna, è prevalsa la logica. E proprio la Virtus, tra l’altro, è coinvolta nella storia assurda di Varese, che dal 26 gennaio non gioca per una sfortunata serie di combinazioni: un turno di riposo, le pause per la Coppa Italia e per le qualificazioni europee delle nazionali, la concomitanza della finale intercontinentale disputata (e persa) a inizio febbraio dai bolognesi. Poi è arrivato il coronavirus, che ha fatto annullare innanzitutto il già programmato recupero di Varese-Virtus (27 febbraio) quindi il turno dell’1 marzo (trasferta a Brindisi). E domenica il derby contro Milano si annuncia a porte chiuse perché l’Armani rifiuta l’ipotesi di scivolare a lunedì. «Piove sul bagnato, mi viene da dire — aggiunge Conti —: giocare senza pubblico crea un danno economico ingente».
Ma questo è solo un aspetto di una vicenda intricata che, al di là dello sport, pone l’accento su altri aspetti. «Vi svelo un retroscena: Clark rischiava di non essere il solo ad andarsene. Avevamo altri due giocatori, uno europeo, che volevano lasciare, vuoi per i 45 giorni di inattività vuoi per la preoccupazione che circola. La moglie di uno di questi si è presentata in sede comunicando che sarebbe partita subito: figuratevi il marito... Ho dovuto convocare una riunione plenaria per tranquillizzare: per fortuna almeno questi li abbiamo convinti. I timori, peraltro, non svaniscono se non si esce da questo impasse».
E non è un dettaglio da poco, secondo Conti. «Ci sono di mezzo temi che spesso non si considerano: una cultura differente e i risvolti familiari, in primis. Il problema centrale non è poi tecnico ma psicologico: è la gestione mentale ad essere al centro di tutto. Quando uno viene e ti fa certe richieste, che cosa gli rispondi?». Però alla fine si torna al punto di partenza: sulla questione del coronavirus sono stati commessi errori marchiani a livello di comunicazione. «A cascata sono derivati i guai sul piano sportivo. Ora servirebbero coerenza e risposte chiare, anche a costo di adottare la soluzione estrema. Ovvero: signori, il campionato si ferma qui».
Manager
Tutti, dalla società fino al coach, hanno cercato di fargli cambiare idea: sforzi vani Capisco l’aspetto psicologico, è preoccupato dalla situazione e sua moglie è incinta