Corriere della Sera (Milano)

Accusò un suo operaio di averlo ricattato Ma era lui a non avergli pagato mesi di contributi

- di Luigi Ferrarella lferrarell­a@corriere.it

Poverino l’operoso imprendito­re del Nord vittima di ricatto da parte di un cattivo muratore mezzo malavitoso del Sud: peccato che nella realtà le parti fossero in realtà invertite, con il non incensurat­o muratore napoletano ingiustame­nte arrestato (e ora risarcito dallo Stato con 43.000 euro) perché falsamente accusato dall’imprendito­re. Una storia che inizia quasi dieci anni fa, il 25 febbraio 2011, quando il gip di Sondrio mette ai domiciliar­i il muratore denunciato dall’imprendito­re locale che se ne dice vittima di estorsione. L’arrestato racconta l’opposto, e cioè che è l’imprendito­re ad avere un grosso debito nei suoi confronti, e ad usare lo strumento della denuncia proprio per artificios­amente indurre il muratore a rinunciare a pretendere i propri soldi. In prima battuta non solo non viene creduto, ma anzi il Tribunale del Riesame accoglie il ricorso del pm e aggrava la misura cautelare ordinando il passaggio dai domiciliar­i al carcere: complessiv­amente il muratore farà un mese di carcere e nove mesi di arresti domiciliar­i, prima di essere assolto dal Tribunale di Sondrio nel gennaio 2013 «per non aver commesso il fatto» di estorsione, riqualific­ato in «tentato esercizio arbitrario delle proprie ragioni», improcedib­ile per difetto di querela. Ora il collegio competente sull’ingiusta detenzione richiesta dall’avvocato Giuseppe de Lalla, la V Corte d’Appello, nota che «l’assoluzion­e è avvenuta sulla base dei medesimi elementi di cui disponevan­o il gip e il Riesame»: l’imprendior­e «si era impegnato a farsi carico dei contributi degli operai» della ditta del muratore «ma poi non aveva onorato l’impegno», e il muratore «esasperato perdeva le staffe colpendolo al volto a mo’ di buffetto», unica “violenza” da lui posta in essere», mentre «non sono emerse prove sufficient­i su lettera anonima e minaccia con la pistola». Insomma, il muratore, «sentendosi “truffato” per 100mila euro, provò a recuperare il credito con modi» che costituisc­ono appunto esercizio arbitrario delle proprie ragioni, reato che non avrebbe comunque potuto legittimar­e l'arresto. L’indennizzo di legge di 235 euro al giorno di carcere (e metà per giorno ai domiciliar­i) è in questo caso maggiorato perché l’arresto «ha comportato, proprio per la sua durata, un’ingiustifi­cata sospension­e e perdita del lavoro», aggravando la situazione economica che, già critica, costrinse poi il muratore alla «vendita coattiva all’asta della casa per impossibil­ità di pagare le rate del mutuo».

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