Accusò un suo operaio di averlo ricattato Ma era lui a non avergli pagato mesi di contributi
Poverino l’operoso imprenditore del Nord vittima di ricatto da parte di un cattivo muratore mezzo malavitoso del Sud: peccato che nella realtà le parti fossero in realtà invertite, con il non incensurato muratore napoletano ingiustamente arrestato (e ora risarcito dallo Stato con 43.000 euro) perché falsamente accusato dall’imprenditore. Una storia che inizia quasi dieci anni fa, il 25 febbraio 2011, quando il gip di Sondrio mette ai domiciliari il muratore denunciato dall’imprenditore locale che se ne dice vittima di estorsione. L’arrestato racconta l’opposto, e cioè che è l’imprenditore ad avere un grosso debito nei suoi confronti, e ad usare lo strumento della denuncia proprio per artificiosamente indurre il muratore a rinunciare a pretendere i propri soldi. In prima battuta non solo non viene creduto, ma anzi il Tribunale del Riesame accoglie il ricorso del pm e aggrava la misura cautelare ordinando il passaggio dai domiciliari al carcere: complessivamente il muratore farà un mese di carcere e nove mesi di arresti domiciliari, prima di essere assolto dal Tribunale di Sondrio nel gennaio 2013 «per non aver commesso il fatto» di estorsione, riqualificato in «tentato esercizio arbitrario delle proprie ragioni», improcedibile per difetto di querela. Ora il collegio competente sull’ingiusta detenzione richiesta dall’avvocato Giuseppe de Lalla, la V Corte d’Appello, nota che «l’assoluzione è avvenuta sulla base dei medesimi elementi di cui disponevano il gip e il Riesame»: l’imprendiore «si era impegnato a farsi carico dei contributi degli operai» della ditta del muratore «ma poi non aveva onorato l’impegno», e il muratore «esasperato perdeva le staffe colpendolo al volto a mo’ di buffetto», unica “violenza” da lui posta in essere», mentre «non sono emerse prove sufficienti su lettera anonima e minaccia con la pistola». Insomma, il muratore, «sentendosi “truffato” per 100mila euro, provò a recuperare il credito con modi» che costituiscono appunto esercizio arbitrario delle proprie ragioni, reato che non avrebbe comunque potuto legittimare l'arresto. L’indennizzo di legge di 235 euro al giorno di carcere (e metà per giorno ai domiciliari) è in questo caso maggiorato perché l’arresto «ha comportato, proprio per la sua durata, un’ingiustificata sospensione e perdita del lavoro», aggravando la situazione economica che, già critica, costrinse poi il muratore alla «vendita coattiva all’asta della casa per impossibilità di pagare le rate del mutuo».