I RACCONTI DELL’EMERGENZA E LE VOCI DEI PIÙ PICCOLI
Tutte le mattine prendo il passante a Milano per andare al lavoro dalla stazione di Milano Dateo a quella di Milano Bovisa. In questi giorni, con la chiusura delle università, i treni hanno viaggiato meno affollati. Fino ad oggi (ieri, ndr), però, dato che diversi treni sono stati cancellati (le partenze delle 8.03, 8.07 e 8.22). Essendo rimasta come unica possibilità quella di prendere il treno delle 8.18, ovviamente i vagoni erano pieni. Che senso ha cancellare i treni se poi li si fa viaggiare affollati? Non è un controsenso vista la disposizione del governo di evitare i luoghi pieni di gente? Io purtroppo non posso fare smart working e da quello che vedo sul sito di Trenord hanno già stabilito la cancellazione programmata, pertanto sarà sempre così.
Svolta informatica
Lunedì a causa della chiusura delle scuole abbiamo ricevuto dalle insegnanti i compiti (non le lezioni, che presuppongono una spiegazione dell’insegnante) per i miei
Caro Schiavi, in questi giorni senza scuola insegnanti e genitori si interrogano su come coinvolgere gli studenti di elementari e superiori bloccati a casa. Spesso non escono nemmeno, poiché la paura ha preso il sopravvento o sono in compagnia di nonni che non possono uscire ed accompagnarli. Il coronavirus ci sta mettendo di fronte a una prova difficile, ma indicativa dell’evolversi della società. Come ne usciremo? Rafforzati, più solidali e uniti? O più deboli, divisi e individualisti?
Faccio una domanda: come vivono questo stare a casa i bambini, cosa percepiscono delle nostre paure? Oggi abbiamo la possibilità di capire direttamente sul campo le loro sensazioni e metterle anche a confronto. Lasciamo che raccontino liberamente quel che vedono e quel che provano. Nella pedagogia delle scuole attive lo scrivere non è mai una cosa meramente tecnica, ma tutto parte dalla consapevolezza che si scrive per esprimere qualcosa. Quindi risulta fondamentale avere la possibilità di esprimere il proprio vissuto.
Propongo agli insegnanti di chiedere ai bambini di scrivere come stanno vivendo, se stanno scoprendo cose nuove nelle relazioni con genitori e nonni, se e perché sentono la mancanza della scuola, se riescono a trovare aspetti positivi in questa esperienza o se vogliono due nipoti di prima e quinta elementare. Lasciando perdere la difficoltà di scaricarli da e di stamparli per chi non possiede connessione e stampante, forse sarebbe più opportuno chiedere di eseguire gli esercizi predisposti sui testi in uso senza schede da scaricare e fotocopiare; inoltre chi si suppone seguirà gli «alunni virtuali» durante loro proporre azioni e attività positive per uscirne bene. Ogni insegnante interessato dovrebbe raccogliere i testi e utilizzarli: giornalini di classe, bacheche, letture collettive. Oppure destinarli a pubblicazioni, per capire come ognuno ha vissuto l’esperienza. Sono un maestro elementare, ho già proposto l’iniziativa ai colleghi. Può diventare un utile insegnamento.
Caro Lovattini, in questi giorni le idee come la sua sono benaccette (come tutto quel che può aiutare una comunità in crisi): nell’emergenza perdere tempo è un lusso che non ci possiamo permettere. Già abbiamo scritto di smart working, telelavoro e videolezioni, ma servirà nei prossimi mesi un percorso di riorganizzazione culturale, da avviare con serietà e senza pressapochismi, partendo proprio dalle scuole. Il «giornale del coronavirus» è un bel suggerimento: chissà che non riabitui le nuove generazioni anche alla lettura dei quotidiani, trasformando ognuno degli studenti oggi bloccati in casa in un citizen journalist.
È un augurio e una speranza, per tornare a scrivere anche buone notizie.
Cancellati ma più affollati
l’esecuzione degli esercizi, chi spiegherà il senso dei contenuti e chi controllerà se sono corrette le risposte? I nonni? Le tate? I genitori dopo il lavoro? Sono una nonna anziana e poco informata ma mi chiedo se la scuola online non sia un privilegio: solo chi ha ciò che manca ai più svantaggiati potrà proseguire negli studi?
Un popolo di volontari
In questi giorni sto facendo volontariato presso il Centro operativo regionale Coronavirus (il numero verde gestito da Areu contattabile da tutti i cittadini). È bello vedere tante persone che senza nulla chiedere in cambio si mettono a disposizione per dare una mano nel fronteggiare l’emergenza. I volontari di Protezione civile, delle varie unità sanitarie, delle associazioni, sono un patrimonio da valorizzare. Ed in questo i lombardi si dimostrano davvero una comunità, fatta di altruismo e senso di appartenenza, sempre pronti a mobilitarsi nel momento del bisogno.
L’online (non) è per tutti
L’unione fa la forza