Corriere della Sera (Milano)

I RACCONTI DELL’EMERGENZA E LE VOCI DEI PIÙ PICCOLI

- Il paradosso dei treni Santiago Beltramini Alba Bartoli Roberto Lovattini gschiavi@rcs.it Piermario Sarina

Tutte le mattine prendo il passante a Milano per andare al lavoro dalla stazione di Milano Dateo a quella di Milano Bovisa. In questi giorni, con la chiusura delle università, i treni hanno viaggiato meno affollati. Fino ad oggi (ieri, ndr), però, dato che diversi treni sono stati cancellati (le partenze delle 8.03, 8.07 e 8.22). Essendo rimasta come unica possibilit­à quella di prendere il treno delle 8.18, ovviamente i vagoni erano pieni. Che senso ha cancellare i treni se poi li si fa viaggiare affollati? Non è un controsens­o vista la disposizio­ne del governo di evitare i luoghi pieni di gente? Io purtroppo non posso fare smart working e da quello che vedo sul sito di Trenord hanno già stabilito la cancellazi­one programmat­a, pertanto sarà sempre così.

Svolta informatic­a

Lunedì a causa della chiusura delle scuole abbiamo ricevuto dalle insegnanti i compiti (non le lezioni, che presuppong­ono una spiegazion­e dell’insegnante) per i miei

Caro Schiavi, in questi giorni senza scuola insegnanti e genitori si interrogan­o su come coinvolger­e gli studenti di elementari e superiori bloccati a casa. Spesso non escono nemmeno, poiché la paura ha preso il sopravvent­o o sono in compagnia di nonni che non possono uscire ed accompagna­rli. Il coronaviru­s ci sta mettendo di fronte a una prova difficile, ma indicativa dell’evolversi della società. Come ne usciremo? Rafforzati, più solidali e uniti? O più deboli, divisi e individual­isti?

Faccio una domanda: come vivono questo stare a casa i bambini, cosa percepisco­no delle nostre paure? Oggi abbiamo la possibilit­à di capire direttamen­te sul campo le loro sensazioni e metterle anche a confronto. Lasciamo che raccontino liberament­e quel che vedono e quel che provano. Nella pedagogia delle scuole attive lo scrivere non è mai una cosa meramente tecnica, ma tutto parte dalla consapevol­ezza che si scrive per esprimere qualcosa. Quindi risulta fondamenta­le avere la possibilit­à di esprimere il proprio vissuto.

Propongo agli insegnanti di chiedere ai bambini di scrivere come stanno vivendo, se stanno scoprendo cose nuove nelle relazioni con genitori e nonni, se e perché sentono la mancanza della scuola, se riescono a trovare aspetti positivi in questa esperienza o se vogliono due nipoti di prima e quinta elementare. Lasciando perdere la difficoltà di scaricarli da e di stamparli per chi non possiede connession­e e stampante, forse sarebbe più opportuno chiedere di eseguire gli esercizi predispost­i sui testi in uso senza schede da scaricare e fotocopiar­e; inoltre chi si suppone seguirà gli «alunni virtuali» durante loro proporre azioni e attività positive per uscirne bene. Ogni insegnante interessat­o dovrebbe raccoglier­e i testi e utilizzarl­i: giornalini di classe, bacheche, letture collettive. Oppure destinarli a pubblicazi­oni, per capire come ognuno ha vissuto l’esperienza. Sono un maestro elementare, ho già proposto l’iniziativa ai colleghi. Può diventare un utile insegnamen­to.

Caro Lovattini, in questi giorni le idee come la sua sono benaccette (come tutto quel che può aiutare una comunità in crisi): nell’emergenza perdere tempo è un lusso che non ci possiamo permettere. Già abbiamo scritto di smart working, telelavoro e videolezio­ni, ma servirà nei prossimi mesi un percorso di riorganizz­azione culturale, da avviare con serietà e senza pressapoch­ismi, partendo proprio dalle scuole. Il «giornale del coronaviru­s» è un bel suggerimen­to: chissà che non riabitui le nuove generazion­i anche alla lettura dei quotidiani, trasforman­do ognuno degli studenti oggi bloccati in casa in un citizen journalist.

È un augurio e una speranza, per tornare a scrivere anche buone notizie.

Cancellati ma più affollati

l’esecuzione degli esercizi, chi spiegherà il senso dei contenuti e chi controller­à se sono corrette le risposte? I nonni? Le tate? I genitori dopo il lavoro? Sono una nonna anziana e poco informata ma mi chiedo se la scuola online non sia un privilegio: solo chi ha ciò che manca ai più svantaggia­ti potrà proseguire negli studi?

Un popolo di volontari

In questi giorni sto facendo volontaria­to presso il Centro operativo regionale Coronaviru­s (il numero verde gestito da Areu contattabi­le da tutti i cittadini). È bello vedere tante persone che senza nulla chiedere in cambio si mettono a disposizio­ne per dare una mano nel fronteggia­re l’emergenza. I volontari di Protezione civile, delle varie unità sanitarie, delle associazio­ni, sono un patrimonio da valorizzar­e. Ed in questo i lombardi si dimostrano davvero una comunità, fatta di altruismo e senso di appartenen­za, sempre pronti a mobilitars­i nel momento del bisogno.

L’online (non) è per tutti

L’unione fa la forza

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