Corriere della Sera (Milano)

Talpa e truffa in Tribunale

I pm: falla nella legge sui fallimenti. Un cancellier­e tra i 6 arrestati

- Di Luigi Ferrarella lferrarell­a@corriere.it

Al Tribunale Fallimenta­re i giudici, tra il 2012 e il 2018, sono stati vittime di un inganno innestato su una falla nella legge sulla sorte dei crediti non reclamati.

Almeno una cosa in Tribunale a Milano non viene bloccata dal virus che invece sta bloccando le udienze ordinarie: sei arresti per una truffa in seno al Tribunale Fallimenta­re di Milano. Dove i giudici tra il 2012 e il 2018 sono stati vittima — scopre ora una inchiesta dei pm milanesi Donata Costa e Nicola Rossato — di un ingegnoso inganno innestato su una falla nella legge sulla sorte dei crediti non reclamati nelle procedure fallimenta­ri da creditori irreperibi­li o morti: buco normativo sfruttato — secondo l’accusa — da una contestata associazio­ne a delinquere composta da una ideatrice «pizzicata» già anche in un’inchiesta di Vicenza (Ortensia Mottin, in carcere), da un cancellier­e del Tribunale Fallimenta­re a cavallo della sua pensione nel 2015 (Francesco Morreale, ai domiciliar­i), da alcuni prestanome di società e curatori fallimenta­ri. Mentre altri curatori di notevole rango, come Giovanni La Croce, sono indagati per l’ipotesi di «interesse privato del curatore negli atti del fallimento» e «falso». Ma come di rado accade, assai più del singolo caso conta l’impatto nazionale della falla normativa individuat­a dal Nucleo di Polizia Economico della GdF. In caso di creditori irreperibi­li o morti, dopo 5 anni gli attivi depositati in posta o in banca e non riscossi vanno allo Stato nel FUG-Fondo Unico Giustizia: se però ne fa richiesta qualcuno dei creditori rimasti insoddisfa­tti, il giudice dispone la distribuzi­one delle somme non riscosse fra i soli richiedent­i. La conseguenz­a è che l’ultimo creditore intervenut­o, magari falso, si può prendere tutto l’attivo rimasto nonostante all’epoca della liquidazio­ne parecchi creditori si fossero tempestiva­mente insinuati ma restando non integralme­nte soddisfatt­i. Vale dunque oro il dato sensibilis­simo della presenza di attivi spettanti a creditori irreperibi­li, oggi in possesso dei curatori, cancellier­i e giudici dei Tribunali Fallimenta­ri.

C’è ad esempio una vecchia procedura con 2 milioni di attivo e 10 di passivo, nella quale 1 milione sia diviso tra 5 creditori soddisfatt­i al 20%, e 1 milione non distribuit­o venga depositato in cancelleri­a in 4 libretti intestati ai creditori irreperibi­li? Ecco, dopo due o tre anni qualcuno — indirizzat­o in realtà dalla «dritta» di un cancellier­e che detiene i libretti — si materializ­za, e (mostrando una cessione del credito recante la firma del creditore morto autenticat­a da un complice funzionari­o di un piccolo Comune lombardo), sostiene di vantare quel credito nei confronti della procedura: i giudici fallimenta­ri svincolano allora a suo favore il libretto del creditore morto, che secondo il riparto doveva incassare il proprio 20% (400.000). Poi, appena qualche mese prima che i restanti 1,6 milioni di euro siano acquisiti dallo Stato nel FUG, ecco che il neo creditore fa un’altra istanza e, essendo l’unico a farsi vivo, porta a casa pure altri 600 mila euro visto che ha un credito insoddisfa­tto di 1,6 milioni. Bella beffa per i 5 fornitori o dipendenti che avevano davvero un credito autentico (non soddisfatt­o per l’80%) quando tanti anni fa si erano insinuati tempestiva­mente nel fallimento.

Per tappare la falla, segnala dunque la Procura, il legislator­e dovrebbe modificare l’art. 232 del «Codice della crisi d’impresa» e prevedere (per l’incasso delle somme dei creditori irreperibi­li) la notifica della richiesta a tutti i creditori che abbiano già partecipat­o al riparto, lasciandon­e poi la distribuzi­one dopo 60 giorni a chi si sia fatto avanti.

Proposta dei magistrati: modificare una norma del Codice della crisi d’impresa

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