Anziani e turisti ripopolano il più piccolo paese d’Italia
Morterone, mille metri d’altezza e trenta abitanti Mercato immobiliare in ripresa e boom di presenze «Da quando è iniziato quell’enorme problema...»
Torna a vivere il paese più piccolo d’Italia, 30 abitanti, primato triste, una gara a esclusione, basata su chi fra i residenti muore. È il (contro) effetto del coronavirus su Morterone, sulle montagne lecchesi a un’ora e mezza di macchina da Milano. Sabato e domenica scorsi (ma oggi si bissa), dicono, le macchine dei forestieri, specie da Milano, avevano riempito i parcheggi in fondo al paese prima dei pendii.
MORTERONE (LECCO) A modo suo, è un po’ la fine del mondo: le strade asfaltate terminano qui, ce n’è soltanto una, sterrata, che porta in Valle Imagna, ma percorribile sulle jeep e d’estate, non adesso che c’è giù la neve.
Sopra la porta di una villetta a due piani, una targa in legno con sopra scritto: «L’è minga la Ca’ Granda». Ci abita Romeo Porro, un 82enne milanese di via Melchiorre Gioia, ex dirigente della Roche, reduce da una seduta di massaggi dal figlio fisioterapista, e a Morterone sempre più frequentemente al caldo della stufa della sua seconda casa di montagna. Sta spalando i gradini, invita a entrare e ammirare il panorama dalla vetrata in salotto.
«Guardi che bello, il Resegone di manzoniana memoria, con il suo profilo...». «Manzoni...».
«Eh sì. Che momento difficile, vero? Servono disciplina e attenzione, niente faciloneria, non dobbiamo sottovalutare. Specie alla mia età, anche se porto gli anni che è una favola, non crede? Quando mi vedranno in foto sul Corrierone, a Milano diranno: “Che sciur il Romeo...”».
«Sciur Romeo, perché quella targa?».
«Chiunque abbia una necessità, passa da me a chiedere... Come appunto fossi l’antica Ca’ Granda... Hanno bisogno di informazioni viabilistiche, come lei, ma anche di aiuti pratici: che ne so, una pala, i sacchi dell’immondizia, robe della cucina... Va bene così, io assisto tutti fin quando posso». «Aumenteranno. Compatibilmente con numeri sempre piccoli, ma sta salendo più gente».
«Sì, sarà da due settimane. Da quand’è iniziato davvero quell’enorme problema lì». Torniamo per un attimo a martedì scorso. Saputo che a Morterone, al momento il più piccolo paese d’Italia (30 abitanti, è ovviamente un primato triste, una gara a esclusione, basata su chi fra i residenti muore), qualcosa si sta invertendo, allora avevamo chiesto conto al sindaco, Antonella Invernizzi, che aveva confermato la situazione come (anche) una conseguenza del coronavirus. A patto di beccare la giornata giusta per venirci, a Morterone, e questo venerdì lo è: cielo pulito e che regge, nessuna imminente bufera ghiacciata.
Morterone: un’ora e mezza di macchina da Milano, e metà della strada concentrata negli ultimi quindici chilometri sopra un asfalto sbriciolato, accanto a strapiombi privi di parapetti, attraverso ripidi tornanti, con veli di nebbia e nuvole che piombano d’improvviso, sostano e svaniscono, in compagnia di coppie che passeggiano in discesa con il cane al guinzaglio. Sono appena quindici chilometri ma una faticaccia: arrivati in cima pare d’aver guidato fino in Carinzia.
Entrati nel paese, che è formato da case sparse, ci sono uno spalaneve in azione più un anziano che dà di sua iniziativa una mano liberando i vialetti; sabato e domenica scorsi, dicono, le macchine dei forestieri, specie da Milano, avevano riempito i minuti parcheggi in fondo al paese prima dei pendii; e se — di nuovo — il tempo non tradisce, oggi e domani si dovrebbe bissare.
«Pensavo fossero un miraggio?».
«Che cosa?».
«Gli sconosciuti che sto vedendo in questi giorni. Mi sono chiesto e mi domando: sono capitati per caso oppure per scelta? Si saranno persi oppure hanno voluto proprio trascorrere delle ore a Morterone?».
Lui è il proprietario dell’unico esercizio, la «Trattoria dei cacciatori»; si chiama Maurizio, la locanda è a conduzione famigliare dalle origini (prima di lui la mamma), un centinaio di coperti su due sale, punto fisso per scalatori in bicicletta e motociclisti in raduno; mentre serve un generoso piatto di tagliatelle, Maurizio riceve una telefonata per una prenotazione, che è obbligatoria nella misura in cui deve scendere a Ballabio, il primo paese, a comprare almeno il pane da servire. D’inverno, le chiamate per bloccare un tavolo nel ristorante sono azioni non abituali. Come l’attuale traffico. Le macchine superano municipio e chiesa, e si fermano nello spiazzo davanti al cartellone che indica i sentieri. Gli occupanti delle macchine sono i seguenti. Un gruppo di amici tra i trenta e i quarant’anni che saliranno con gli sci di fondo; parlano di vacanze. Dopodiché tre ragazzi con bob e slittini; loro discutono di neve. Infine, adesso posizionati sull’altro versante, due guide alpine, una di Milano e l’altra di Monza; si esercitano con le sonde che in caso di valanghe cercano i dispersi; le guide alpine sono molto concentrate sul test, non hanno altro per la testa, spiegano quant’è complicato e lungo, anche se forti di una tecnologia iper-sofisticata, individuare il punto esatto dove uno è sepolto. Capita, dicono, che una persona ha fuori le due gambe dalla neve eppure non è sopravvissuta, rapidamente soffocata.
Prima degli anni Cinquanta, Morterone contava perfino ottocento abitanti. C’erano i bambini, le scuole, un prete fisso. Oggi, di fatto, escluse le abitazioni, c’è unicamente Maurizio col suo ristorante. Il mercato immobiliare, spento da un pezzo, anche se con prezzi non proprio a buon mercato, ha registrato un poderoso sussulto la scorsa settimana — e si capisce che non è un caso —, con due famiglie che hanno preso in affitto appartamenti. Tra i proprietari di seconde case, ci sono abitanti di Melzo e Cernusco sul Naviglio. La storia parte da lontano: Morterone era tappa della transumanza di chi all’epoca possedeva da quelle parti cascine e bestie, che venivano fatte salire in quota e si riparavano dal sole sotto i faggi dalle larghe cortecce, anche di quattro metri. Il paese è stato anche funzionale alle fughe dei partigiani da Milano e dalla sua provincia, e diretti in Valtellina. Il più anziano abitante ha oltre ottant’anni; ci sono due famiglie con bambini piccoli. Fatti particolari, nella quotidianità del paese, non ne accadono, pur se talvolta, dopo aver osato su quella rampa di quindici chilometri, si presentano dei ladri; gli stessi tornanti ospitano ogni tanto degli spacciatori di droga, convinti di starsene al riparo dalle retate.
Torniamo indietro da Maurizio. Per un caffè. Lo prepara con lentezza invitando, caldamente e con voce ferma, a stare lontano dal bancone, osservando le disposizioni: «Siamo a Morterone ma non siamo fuori dal mondo».