Così è collassata la rete degli ospedali
Corsa contro il tempo in tutti gli ospedali di Milano per ricavare posti. Al San Donato un nuovo «reparto» aperto e subito riempito in un solo giorno
Collasso della rete degli ospedali, i reparti di rianimazione: «Le strutture sanitarie sono sottoposte ad una pressione superiore ad ogni possibilità di adeguata risposta. Le attività ambulatoriali, la Chirurgia non urgente, i ricoveri nelle medicine si sono ridotte a livelli prossimi allo zero. Chiediamo misure drastiche non più rinviabili». Corsa contro il tempo in tutti gli ospedali milanesi per cercare nuovi posti. E nuove richieste di aiuto ad altre regioni per prendersi cura dei malati lombardi.
Uno «sforzo pazzesco» per affrontare l’epidemia di coronavirus. E la richiesta di aiuto ad altre regioni per prendersi cura dei malati. Gli ospedali milanesi, ricalcando l’esempio delle strutture nelle aree più colpite dai contagi, si stanno rapidamente riorganizzando. Da una parte devono accogliere quei pazienti trasferiti da altri presidi oberati di lavoro, dall’altra occuparsi dei malati milanesi, in aumento. L’ultimo dato fornito dall’assessore regionale alla Sanità Giulio Gallera parla di 361 persone risultate positive ai test nell’area metropolitana, quasi cento in più rispetto al giorno precedente. I milanesi sono 158.
In questo contesto, gli ospedali cittadini faticano, mentre altre strutture lombarde sono già al collasso. Lo mette in evidenza la lettera scritta dal Coordinamento delle terapie intensive della Lombardia e indirizzata alla Regione, con richiesta di portarne i contenuti all’attenzione del Governo e del commissario per l’emergenza coronavirus Angelo Borrelli. «Le strutture sanitarie sono sottoposte ad una pressione superiore ad ogni possibilità di adeguata risposta. Le attività ambulatoriali, la Chirurgia non urgente, i ricoveri nelle medicine si sono ridotte a livelli prossimi allo zero». I responsabili delle rianimazioni chiedono (e di fatto hanno già ottenuto, con gli ultimi provvedimenti decisi dal governo) «drastiche misure» per non arrivare a una «disastrosa calamità sanitaria» . L’obiettivo è evitare di arrivare ai circa 3 mila ricoverati in rianimazione, stima che si avvererà il 26 marzo se il trend dei contagi continuerà così. Nel frattempo, «l’intera rete delle Terapie intensive è stata ristrutturata», anche in città. Al San Raffaele ieri i posti letto dedicati ai malati di Covid-19 erano al completo: in serata si valutava come ampliare gli spazi. Già dal pronto soccorso è stato organizzato un percorso per chi presenta sintomi sospetti e delle 80 persone che vi sono state accolte due giorni fa, il 20% è risultata positiva al tampone. Al San Donato è stata aperta e subito riempita una rianimazione in 24 ore. Corsa contro il tempo anche al Policlinico per dividere le aree «rosse» da quelle «bianche», riservate ai pazienti con patologie diverse dal coronavirus. Sono sedici finora i posti dedicati all’epidemia, otto dei quali per i malati che non possono respirare in autonomia, e altri otto in terapia subintensiva. Ma l’ospedale è pronto ad allestirne un’altra quarantina. Il Niguarda si muove su tre fronti: la rianimazione, il reparto di sub-intensiva e quello di malattie infettive. In totale 52 letti, con possibilità di estenderli. Il Sacco è sul fronte dal 20 febbraio, quando sono stati scoperti i primi casi, e sono coinvolti attivamente anche il San Carlo, il San Paolo, l’Humanitas. Insomma, a tutti i presidi pubblici e privati è stato chiesto di contribuire, anche prendendosi cura dei pazienti «ordinari». Eppure lo «sforzo pazzesco» rischia di non essere sufficiente e il Pirellone dovrà appoggiarsi ad altre regioni per reggere l’urto. Ieri Borrelli ha annunciato che «la Lombardia chiederà di trasferire in altre regioni un numero di pazienti in terapia intensiva non affetti da coronavirus. Credo ci sarà questo trasferimento di pazienti».
La situazione
I casi ambulatoriali e la chirurgia non urgente: i ricoveri sono quasi azzerrati