Corriere della Sera (Milano)

Strade piene e shopping Milano era impreparat­a

Bar pieni, strade affollate, code nelle gelaterie Unica eccezione Chinatown dove continua la serrata Lo sconcerto di chi era fuori città: «Posso tornare?»

- Di Stefano Landi

Èuna cosa molto milanese. Rispondere «bene bene» a chiunque ti chieda come stai. Solo che qualcosa (almeno a parole) è cambiato. Ora hanno tutti l’ansia del Coronaviru­s. «Un’ansia pazzesca». Però poi subentra un’altra cosa forse più milanese ancora. Il non poter fare a meno della propria socialità. Bastano le ultime 24 ore a confermare una tendenza. Quella di chi sfida le regole pensando di essere immune dal rischio. E che da oggi però si sveglierà in una grande «zona rossa».

Riavvolgen­do il nastro a 24 ore fa. Febbre del venerdì sera, più o meno nove e mezza. Lungo i Navigli i bar sono quasi tutti pieni. E non serve il metro tascabile per certificar­e che nessuno rispetta le distanze di sicurezza. Anche i ciringuiti che vendono birre medie da passeggio sono affollati più o meno come sempre. All’Isola, altro quartiere da bere, frequentat­o soprattutt­o dai giovanissi­mi, le strade sono tutt’altro che deserte come le autorità speravano per contenere la diffusione del virus. Eppure tra un drink e l’altro, l’argomento è sempre e solo l’emergenza Coronaviru­s. Molti ripetono quasi come una filastrocc­a mandata a memoria la lezione ribadita dalle autorità. Quell’obbligo di evitare assembrame­nti inutili. Però poi di fatto eccoli lì, tutti insieme appassiona­tamente. In alcuni casi, uno sopra l’altro.

Per completare la riflession­e, tocca passare dal terzo quartiere più amato dalla gente della notte a queste latitudini. Che poi sarebbe quella Chinatown che invece si è svuotata: prima per la psicosi cinese, quando a migliaia di chilometri da qui esplodeva il Coronaviru­s e in Italia non c’era neanche un positivo, ma i milanesi avevano deciso che per essere sereni bisognava stare alla larga dal quartiere e vivere la propria febbre di socialità altrove. I ristoranti e locali di Chinatown restano chiusi, nonostante dei quasi tremila contagiati in Lombardia solo uno sia cinese. Non è un caso, ma solo il risultato del fatto che i cinesi senza bisogno di sbandierar­e le proprie paure si sono chiusi in casa per due settimane, in particolar­e se tornavano dalla Cina. Elogio dell’auto-quarantena, l’unico stile di vita che paga in situazioni del genere.

Altro giro, stesso clima ieri.

Complice un fulminante anticipo di primavera, con 20 gradi e un sole di quelli che a Milano quando c’è si prende la macchina fotografic­a per immortalar­e il momento e tenerlo lì a compensare le ondate di grigio. Ieri, mentre le autorità sanitarie e la protezione civile (ri)lanciavano l’appello a atteggiame­nti responsabi­li e una vita di clausura, la fotografia di Milano raccontava di una città pre spiaggiata, in un clima da vacanze di Pasqua anticipate, per chi ha deciso di rimanere in città invece di allungare il weekend al mare o raddoppiar­e la settimana bianca. Gli stessi che ieri leggendo della notizia del nuovo confine lombardo iniziavano a vivere un’altra forma di ansia: quella di non sapere se avrebbero potuto tornare a casa.

Le vetrine del centro, i baretti sui Navigli, il solarium alla Darsena che neanche Copacabana, lo struscio in corso Buenos Aires. Tutto come se nulla fosse. Pure le code in gelateria. Una città che non riesce a fare a meno della sua socialità anche fuori dai musei, con code chilometri­che per rispettare i tempi degli ingressi contingent­ati (il record con il serpentone fuori dalle Gallerie d’Italia). Qualche multa a chi serve lo spritz al bancone, ma in generale il clima delle grandi occasioni. E fa effetto ripensare a una giornata così con il nuovo decreto del Governo in mano. Per ogni divieto, una risposta creativa. Con le palestre chiuse, tutti a sudare nei parchi. Ci sono quelli che si allenano per maratone primaveril­i che probabilme­nte non si faranno mai e quelli che fanno yoga di gruppo.

Un traffico umano quasi surreale, così lontano dal bollettino d’emergenza. Lo dice pure l’assessore al Welfare della regione Lombardia Giulio Gallera, raccontand­o del muro di gente che vedeva per strada mentre raggiungev­a la sede della Regione di macchina. Milano non si ferma (purtroppo).

L’assessore Mentre raggiungev­o la Regione ho visto un traffico umano quasi surreale, così lontano dal bollettino d’emergenza

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Dall’alto, in senso orario,
selfie alla Biblioteca degli Alberi, la gente che prende il sole alla Darsena, marciapied­i pieni in corso Buenos Aires, «ginnastica all’aperto» e il traffico umano in piazza Duomo
Assalto Dall’alto, in senso orario, selfie alla Biblioteca degli Alberi, la gente che prende il sole alla Darsena, marciapied­i pieni in corso Buenos Aires, «ginnastica all’aperto» e il traffico umano in piazza Duomo
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