Presidi esterni alle carceri: virus in cella non gestibile
Allestiti i triage all’esterno dei 13 istituti penali della Lombardia, a chiunque viene misurata la temperatura corporea Sospesi permessi e visite dei familiari. Cresce il sovraffollamento
Adesso la trincea è il carcere. I 13 istituti lombardi sono la frontiera da difendere a tutti i costi, per scongiurare — o quantomeno ritardare e ammortizzare il più possibile — che il virus Covid 19 contagi qualcuno anche in carcere e rischi così di innescare una catena di infezioni che sarebbe difficilissima da gestire in ambienti e tra persone già di per sé stressati dall’«ordinario» e sempre ignorato sovraffollamento (61.230 reclusi su 47.230 posti disponibili in tutta Italia), dove due metri di distanza tra un detenuto e l’altro sono una amara barzelletta prima ancora che un agognato miraggio, e dove già in situazioni normali l’assistenza sanitaria ha il fiatone. Gli avamposti sono talmente presidiati che un «triage» sanitario è stato allestito all’ingresso di ogni carcere e funziona da sorta di checkpoint per chiunque debba entrare o uscire dai penitenziari, qualunque sia la sua funzione o il suo motivo (detenuti, agenti di polizia penitenziaria, avvocati, magistrati, proprio tutti). A chiunque viene misurata la temperatura con due termometri elettronici, e l’asticella dell’attenzione è stata portata addirittura ad appena 37 gradi e mezzo: chi li ha, non entra in carcere. Al punto che una giudice delle indagini preliminari del tribunale di Milano, che si era presentata a San Vittore per svolgere l’interrogatorio di garanzia di un arrestato, è stata bloccata e non fatta entrare perché, sebbene uno dei due termometri segnasse 36,2, l’altro indicava invece appunto 37,5: il magistrato ha dovuto rispondere al questionario, non tornare in ufficio, restare a casa per scrupolo e farsi sostituire da un collega per l’interrogatorio. In caso di positività di qualcuno al tampone, se non dovesse essere necessario il ricovero in ospedale, il Dap raccomanda di prevedere un isolamento sanitario all’interno dell’istituto con bagno ad uso esclusivo, isolamento però che in molte carceri le strutture materialmente non permetterebbero.
Aumenta la fatica di vivere in cella l’inevitabile blocco di ogni possibilità di uscita esterna, il che fa sì peraltro che il sovraffollamento cresca perché ogni giorno non c’è più neanche quella pattuglia di detenuti che escono temporaneamente in forza di qualche provvedimento (di lavoro esterno o semilibertà) firmato dai giudici di sorveglianza nell’ambito delle tappe di un percorso di avvicinamento a misure di esecuzione della pena alternative al carcere. Stop anche alle visite dei familiari, con i quali si cerca di aumentare da 4 a 6 le telefonate possibili a settimana, anche se l’associazione Antigone chiede al ministro di aumentare a 20 minuti al giorno il tempo della telefonata con i familiari che per ordinamento penitenziario è invece di 10 minuti a settimana. E l’amministrazione penitenziaria cerca di occuparsi di consegnare i pacchi che le famiglie possono continuare a inviare ai detenuti, ritirando la biancheria pulita e consegnando quella usata.
Per legge una serie di udienze continuerebbero a richiedere comunque la presenza fisica del detenuto, e dunque o la sua uscita dal carcere o l’entrata di giudici e avvocati in carcere: per cercare di evitarlo nei limiti del possibile, il Tribunale di Sorveglianza, ad esempio, ha già sperimentato una decina di udienze utilizzando Skype con i detenuti in carcere grazie ai collegamenti in uso per i colloqui con i familiari e a un accordo con l’Ordine degli Avvocati, che per garantire la riservatezza dei colloqui tra detenuti e difensori mette a disposizione un telefono cellulare per ciascuna delle 13 carceri e uno per l’aula di udienza del Tribunale. Uno schema che da lunedì tenterà di adottare anche l’Ufficio Gip per le convalide degli arresti operati dalle forze dell’ordine nel turno del giorno prima, con l’accortezza di assicurare ai difensori sia la disponibilità fisica del fascicolo prima dell’udienza (e qui saranno le cancellerie a rendersi disponibili), sia la possibilità di poter prima confrontarsi con i propri assistititi, e in questo saranno le direzioni delle carceri ad allungare le fasce orarie dei colloqui se necessario.
L’allarme
Una catena di infezioni in ambienti ristretti si trasformerebbe in una bomba sanitaria