Una foresta di mappamondi nella metropoli
Le opere di artisti e designer invaderanno le strade e poi saranno messe all’asta
Invaderanno le strade e andranno all’asta: una foresta di mappamondi per rendere più verde la città.
Mentre la città vive un tempo sospeso, nel cuore della stazione Centrale, in quello che era un tempo il Dopolavoro Ferroviario, cresce una «foresta» di mappamondi. È il laboratorio di Weplanet, dove ogni giorno si trovano giovanissimi artisti e designer, a costruire e dipingere i cento globi che a breve invaderanno altrettanti luoghi della città, diventando in alcuni casi delle installazioni permanenti, arricchite dalla realtà aumentata.
E, anche se l’emergenza saco nitaria ha fatto slittare al 10 giugno l’inaugurazione di questa mostra diffusa, intitolata «100 globi per un futuro sostenibile» e promossa da Weplanet, Gruppo Mondadori e Mediamond, il laboratorio lavora a ritmo serrato.
Qui le tele sono globi alti un metro e 70 centimetri, per un diametro di uno e trenta, costruiti con materiali riciclabili. In un’area giacciono quelli ancora bianchi e incartati. Polontano, fervono le attività dell’atelier e in un’altra zona ci sono le opere pronte. Ciascuna sottolinea il «peso» dell’umanità sulle risorse del Pianeta e l’urgenza di coniugare l’innovazione con la sostenibilità. Le opere saranno poi messe all’asta, a favore del fondo per la riforestazione urbana ForestaMI.
Anche grandi firme partecipano al progetto (il primo mappamondo, già visibile in piazza della Scala, è di Giulio Cappellini e Antonio Facco), mentre al Dopolavoro s’incontrano molti studenti dell’Accademia di Brera e del Naba e non soltanto. Tra loro anche un gruppo di sei studenti del liceo artistico Caravaggio. Silvia, Chiara e Eduardo sono in quarta, indirizzo «figurativo», mentre Michela, Ruggiero e Raquel sono maturandi, indirizzo «design». Grazie all’associazione di quartiere «Gruppo Fas - C’è vita intorno ai binari» e a Legambiente, anche loro hanno ottenuto un globo da reinterpretare. Un’opera che troverà posto nel giardino Piccola Goccia, in fondo a via Sammartini, sottratto al degrado su iniziativa delle associazioni.
L’installazione dei liceali usa un simbolo del quartiere: il glicine piantato per amore, nel 1964, in via Sammartini, di fronte ai magazzini della Stazione Centrale, da un residente della zona. L’albero esiste ancora, proprio perché è stato adottato (e salvato) dalle associazioni. «Donatella Ronchi di Fas ci ha raccontato la storia del glicine e così tra le idee, è spuntata quella di utilizzarlo come simbolo della natura che sovrasta il mondo. Il nostro globo avrà quindi anche un supporto in cui sarà piantato un glicine vero» racconta Raquel Martinez, 18 anni, una delle studentesse.
L’opera vede gli oceani ricoperti di graffiti e tag e i continenti di mattoni, a indicare l’impronta dell’uomo che soffoca la Terra. «Il problema è grande, ma noi giovani abbiamo un grandissimo potere, quello di trasmettere quello che sappiamo e pensiamo su questo tema e non c’è mezzo migliore dell’arte per farlo» dice la maturanda, che sogna di entrare al Politecnico per studiare urbanistica. «L’atmosfera che si respira in laboratorio è elettrizzante. È davvero un luogo unico. Nella mostra diffusa sono coinvolti oltre cento ragazzi, che qui trovano, oltre ai materiali, anche i consigli del nostro maestro d’arte, Attilio Tono, che li aiuta nel realizzare le loro idee» dice Rachele Casserà della segreteria di produzione di Weplanet.