Da Leonardo alle brugole Idee e brevetti
La città si conferma capitale degli inventori: registrazioni in aumento del 30% in 5 anni Il nodo del Tribunale unificato post-Brexit «Noi naturali sostituti della sede di Londra»
Il legame indissolubile tra Milano e Leonardo da Vinci, che pure di Milano non era, non si spiega soltanto con il fatto che il «Re degli inventori» abbia camminato (e creato) per una ventina d’anni su questo suolo sospeso, adagiato sulle acque di cui fu visionario ricercatore. L’ingegneria, l’innovazione e il progresso leonardeschi sono infatti tutti fondamenti straordinari degli stereotipi che calzano alla perfezione con l’identità meneghina: la Città del fare, la Capitale del lavoro, la «Milano che non si ferma», neanche davanti ai contagi. E allora forse quell’eredità vinciana sta tutta qui, nell’animo innovatore di una città da sempre frontiera tra le idee e i loro pratici sviluppi.
Qui sono nati i primi aliscafi (gli idrotteri di un altro mastro ingegnere leonardesco, il padre di dirigibili ed elicotteri Enrico Forlanini); qui nel 1883 si è accesa la prima centrale elettrica europea in via Santa Radegonda (e seconda soltanto a quella di New York); qui (in Brianza a Lissone) sono state inventate le brugole che avvitano tutto il mondo; a Lambrate, sul Lambro, le Lambrette (contraltare casciavìt della Vespa); e poi i coriandoli e le stelle filanti che hanno cambiato il volto del Carnevale (rese popolari dall’ingegner Enrico Mangili); o il tratto pen, Compasso d’oro nella città del design; e addirittura la mitica Coppa dei Campioni, il trofeo calcistico più ambito. Simbolici capofila di una costellazione di soluzioni tecniche di successo.
Un terzo dei brevetti d’Italia viene depositato in città, e così accade per un quinto dei marchi. Da anni si lotta per un riconoscimento anche continentale di questa eccellenza, nell’infinita querelle sul Tribunale dei brevetti, dapprima con il cappello europeo, poi diventato struttura itinerante tra Londra, Parigi e Monaco, frutto di accordi tra 25 Stati membri e oggi, in tempi di Brexit, alle prese con l’ipotesi di sostituire la sede inglese, e cioè la Divisione centrale. «Averla in casa sarebbe un bel vantaggio» dicono gli inventori. «È la sede naturale» confermano le Camere di commercio. Anche Stato, Regione e Comune hanno aggiornato l’agenda strategica.
Dopo l’Expo sono stati anni floridi sul fronte dell’innovazione. Più 28 per cento di brevetti, più sette per cento di marchi, quote importanti a livello nazionale di un Paese secondo in Europa e quarto al mondo. Ma chi sono gli inventori milanesi? Sono aziende, singoli individui, ma anche geni «seriali» con decine e decine di idee depositate. Come il biologo Francesco di Pierro, oltre 70 brevetti in campo farmaceutico e cosmetico. «Di solito chi deposita l’idea concede l’uso ad altre aziende che lo realizzano e lo mettono in commercio, ricavando royalties e mantenendo l’esclusiva. È questo il bello: tu hai l’idea ma dai la possibilità agli altri di realizzarla». Altrimenti, spiega l’ingegnere Giancarlo De Giacomi «servono capitali per produrre e commercializzare le idee (nel suo caso scarpe traspiranti, cappelli auto-ventilati, sci a quattro lamine, occhiali con specchietti retrovisori, portafogli antiscippo, ndr). Infatti sono sempre a caccia di soci e investitori». Ma perché Milano? «A fare la differenza sono le opportunità. Altrove è più difficile, ci sono meno laboratori, meno eccellenze, minor organizzazione» dice ancora di Pierro. E vale il concetto di rete, come quella della Camera di commercio di Milano Monza Brianza Lodi: «La tecnologia è un tema strategico vista l’alta competitività del territorio — spiega Alvise Biffi —. Abbiamo uno sportello dedicato dove depositare i brevetti nazionali e internazionali».
Di Pierro Qui ci sono maggiori possibilità Il bello è mettere la ricerca a disposizione degli altri
De Giacomi Il tribunale in «casa» porta vantaggi competitivi con effetti benefici sugli investimenti