Attentati e botte per punire l’ex marito
In guerra per il figlio dopo la separazione: arrestati la «dama nera» e il complice
Automezzi incendiati. Una bomba carta in giardino. E ancora: minacce, un pestaggio misterioso e una rapina altrettanto misteriosa. Alla base di tutte le azioni criminali, c’era una «strategia» per ottenere l’affidamento del figlio avuto dall’ex marito. I carabinieri di Lodi hanno individuato la regia: Elena Bergesio, 48 anni, nota professionista di Torino, aiutata dal compagno Florin Mih, 51enne di origini romene. Entrambi sono stati arrestati e posti ai domiciliari. Sono ritenuti responsabili dei ripetuti agguati contro l’uomo, un 41enne con il quale da quasi tre anni è in atto una feroce disputa per ottenere l’affidamento esclusivo del figlio di sei anni.
LODI «Ho vissuto un anno nel terrore che potesse capitare qualcosa a me, o alla mia compagna che aspettava un bimbo. Non ho mai avuto dubbi che dietro quelle strane aggressioni ci fossero loro». Automezzi incendiati, una bomba carta in giardino, minacce, un pestaggio misterioso e una rapina altrettanto misteriosa. Il tutto «per ottenere l’affidamento del figlio minorenne avuto dall’ex marito». Un numero impressionante di episodi tutti ricostruiti dai carabinieri di Lodi e che secondo gli inquirenti avrebbero un unico mandante: Elena Bergesio, 48 anni, nota professionista di Torino, aiutata dal compagno Florin Mih, 51enne di origini romene. Entrambi sono stati arrestati e posti ai domiciliari nelle rispettive abitazioni di Rivoli. Misure cautelari anche per altri quattro complici — tutti romeni o bulgari — che, secondo la ricostruzione degli inquirenti, erano stati utilizzati per inscenare false rapine all’ex marito o per incendiargli il carro attrezzi (lui è di professione meccanico).La vittima è infatti l’ex marito 41enne della donna con il quale era in atto da quasi tre anni una guerra senza esclusione di colpi per ottenere l’affidamento esclusivo del figlio di 6 anni. Dopo la separazione lui aveva cercato di rifarsi una vita nel Lodigiano, a Caselle Lurani, con un’altra donna. Il bimbo era stato affidato dal tribunale alla madre concedendo le visite al padre, fino a quando lei si era trasferita negli Stati Uniti (dove ha proprietà immobiliari e interessi) provocando la reazione del padre: una guerra prima di nervi e poi legale per farsi riconoscere l’affidamento e riportare il piccolo in Italia.
Da allora, secondo il racconto, sarebbe iniziato «un inferno senza fine» che mirava a sconvolgere la vita dell’uomo oltre che a «dimostrare la sua inadeguatezza» a mantenere il bambino per i troppi «episodi strani che accadevano in quella casa». Questa la ricostruzione della procura di Lodi. Sotto indagine ci sono almeno quattro casi: una bomba carta in giardino ad aprile 2019, un’imboscata con pestaggio e rapina a giugno dello stesso anno, due carroattrezzi di proprietà dati alle fiamme nel cortile dell’abitazione lodigiana. E poi minacce e foglietti anonimi. «Ho vissuto per mesi da segregato — racconta lui —, ma ero sicuro che dietro tutto questo ci fosse la mia ex. Ogni fatto accadeva prima di un’udienza. Una volta mi hanno fatto fermare fingendo di avere l’auto in panne: mi hanno pestato e rapinato, mi dicevano “lei ha detto smetterla”. Io incassavo e pensavo solo a tornare a casa sano».
L’indagine è partita dopo che l’uomo si è deciso a sporgere denuncia ai carabinieri di Sant’Angelo Lodigiano, raccontando loro un’escalation di violenze inspiegabile. La Bergesio è una professionista conosciuta a Torino, è stata anche nella Croce rossa e nel coordinamento provinciale della Protezione civile, guidando missioni di aiuto nelle terre colpite dal sisma aquilano. Il suo impegno civico cozza con l’immagine ricostruita dagli inquirenti, capace di tutto pur di riprendersi il figlio. La procura di Lodi e i carabinieri però non hanno dubbi: a inchiodare il gruppo degli esecutori ci sono testimonianze e filmati della videosorveglianza. E sulla mandante ci sarebbero «importanti indizi, fra loro gravi, precisi e concordanti». Nel mirino anche un foglietto scritto a mano infilato sotto il tergicristalli dell’auto delle psicologhe che seguivano il minore da parte di un non meglio precisato vicino di casa del 41enne: «In quella casa accadono cose strane».