Corriere della Sera (Milano)

Resto a casa

Sarti, un drammaturg­o in salotto «Mi dedico a nuovi testi teatrali e improvviso lavoretti domestici»

- di Renato Sarti

Abbiamo chiuso il teatro da dieci giorni, si lavora in smart working. Come passo il tempo a casa? Prima cosa che mi son detto è: non lasciarsi andare. Non è facile. Nel corpo a corpo ingaggiato nei primi giorni con la pigrizia, all’insegna non dell’«Essere o non essere?», bensì: «Togliere o non togliere», il pigiama, la spunta lei. Poi cerco il riscatto nella tuta: sembro Sarri, pre Juve. Felpa? Sembro Zero Calcare. Meglio.

Mi impongo di occupare la testa e il fisico, per evitare che le preoccupaz­ioni degenerino in ansia, e l’ansia fa solo danni. Per qualche giorno mi metto a sistemare un testo nuovo con un piacere che da anni non mi accadeva. Ma ci vuole anche il lavoro manuale. Dicono che l’attività fisica allontani i pensieri cupi. Io me ne starei tutto il giorno spalmato sul letto come Cleopatra o come i gatti, e invece no: davanti al pc sto seduto ma anche in piedi, quando telefono e leggo cammino su e giù per il corridoio. Come Bernhard sono sempre attirato dalle imprese fuori portata e allora mi cimento in una fatica che sembra fatta apposta per l’ernia che mi affligge: pulire sotto un lavello della cuciche non vede straccio da mesi. Spostato lo zoccolino davanti non esiste faccina di emoticon che possa descrivere. Vado giù di ammoniaca, stracci, olio di gomito e alla fine mi sento orgogliosa­mente colf. Passo alla libreria. Un caos accumulato da anni! Un

Brighella, appoggiato su un ripiano, con la manina di legno mi indica «Le macchine inutili» di Munari: scodinzola­tore per cane pigro; macchina per addomestic­are le sveglie; motore a lucertola per tartarughe stanche… magnifico. Su un altro ripiano più in alto, spuntano due scatole impolverat­e: una con scalpelli, sgorbie, e nell’altra, a fianco. So cosa c’è dentro. Appena la apro vecchie testoline di legno appena sbozzate, in una posizione stramba, sghemba, come di chi scruta molto attento, sembrano rimprovera­rmi: «Mascalzone, ti sei dimenticat­o, vero? Siamo tutti burattini e marionette, appesi a un filo, in questo mondo! Ti stupisci?».

Ecco il senso del momento. Ci ammoniva inutilment­e Ernesto Calindri in un famoso Carosello, che valeva un trattato, che il logorio della vita moderna macina e quando te ne accorgi è troppo tardi, a meno che… un bizzarro granello non inceppi. Lo stupore da virus scuote. So che in cana sa, con le notizie delle television­i e delle radio, perennemen­te accese, l’angoscia è in agguato, pronta ad assalirti alla gola appena molli un niente.

Non si può, non si deve. Per noi, per le persone care, e soprattutt­o per quelli che negli ospedali combattono in prima linea contro la malattia e infine per quelli che con la malattia hanno a che fare direttamen­te. In una scenetta di

Le pulizie «Ammoniaca, stracci olio di gomito E alla fine mi sento orgogliosa­mente colf»

tanti anni fa, Gilberto Govi consigliav­a a un giovane Rick: «Cesarino fatti coraggio. Guarda che è sempre bene farsi coraggio. Almeno se succede qualche cosa uno dice: io mi son fatto coraggio. Capito?». Chiamali comici!

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Renato Sarti nel 2003 ha ricevuto l’Ambrogino d’oro.
Tra gli altri riconoscim­enti: il Premio Isimbardi
Pluripremi­ato Renato Sarti nel 2003 ha ricevuto l’Ambrogino d’oro. Tra gli altri riconoscim­enti: il Premio Isimbardi

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