Le «cinque giornate di Milano» decisive per evitare il collasso
Nel weekend attesi gli effetti del decreto. «Contenere i contagi qui è fondamentale»
Le barricate, stavolta, dovranno essere davanti alle porte di casa. Per evitare ogni uscita, ogni contatto non indispensabile. Perché se è vero che è in città, con il suo milione e 300 mila abitanti, che si combatte la battaglia delle battaglie contro il coronavirus, i prossimi cinque giorni saranno decisivi per la vittoria contro l'epidemia.
Tra sabato e domenica, infatti, sono attesi i primi effetti delle misure restrittive introdotte l’8 marzo dal Governo. Ma entro quella data l’indicatore più importante per gli epidemiologi sarà quello di Milano. Se il capoluogo e l’area metropolitana resistono — parliamo di 3,6 milioni di abitanti — allora sarà davvero possibile invertire nel volgere di breve tempo la curva dei contagi. E soprattutto salvare dal collasso il sistema sanitario lombardo e quello dell’intera nazione.
I dati per ora sono «moderatamente confortanti» in relazione al numero degli abitanti. I casi in città sono 813, con un incremento di 233 rispetto a domenica. Considerata anche la provincia si sale a 1.983: +233. Un dato di crescita che in queste settimane è rimasto pressoché identico: «Gli ospedali registrano un afflusso in leggerissima crescita ma costante e per ora gestibile», spiega l’assessore regionale al Welfare Giulio Gallera. Questo andamento «costante» però non significa che Milano sia un’isola felice. Anche perché, secondo le evidenze della scienza, non ci sono aree territoriali immuni. Epidemiologi e virologi hanno il timore che anche nell’area metropolitana possa accadere quanto si è osservato nella Bergamasca: una crescita lenta nei primi giorni, poi l’esplosione dell’ultima settimana (3.760 casi). L’epidemia — se non contrastata — ha questo evoluzione. Lo si è visto anche nel Bresciano (2.918) dove l’impennata s’è verificata in tre giorni. Nel Basso Lodigiano dove è stata creata la prima zona rossa (e che ha un andamento confortante nei dati), vivono 48 mila persone. Poco più di un paio di quartieri di Milano. Ma perché nel capoluogo lombardo i Covid-19 positivi sono ancora così «limitati»? La spiegazione è semplice. Da più di due settimane in Lombardia non si effettuano tamponi a pazienti asintomatici e ai malati «gestibili a domicilio». Come raccontato ieri sul Corriere da alcuni medici di famiglia, è evidente che dietro agli 813 contagiati si nasconde un «sommerso» che potrebbe essere dieci o venti volte tanto. In città è già stata superata quota 20 decessi, a conferma che quelli evidenziati dalle statistiche sono casi perlopiù gravi che vengono «testati» una volta ricoverati in ospedale. Tuttavia è chiaro che siamo ancora lontani dal picco. La strada del tampone di massa, adottata a Vo’ Euganeo (Padova), è impraticabile su una popolazione così vasta. Ne è convinto anche Massimo Galli, responsabile del dipartimento di Malattie infettive del Sacco secondo il quale «è fondamentale contenere il numero dei contagi nell’area metropolitana»: «Le avvisaglie di focolai qua e là sono sempre più evidenti — spiega il virologo —. È inutile illuderci: dovremo cercare di contenere il problema a Milano e di essere molto preparati a combattere questa battaglia con più efficienza, organizzazione e dotazioni di protezione per i medici senza mandarli allo sbaraglio. Ricostruire i contatti dei positivi, garantire un alto livello di assistenza domiciliare. La sfida si vince sui territori».
Non a caso è stato proprio il professor Galli a coniare l’espressione «la battaglia di Milano». A condividere la sua preoccupazione ci sono ora il governatore Attilio Fontana e il sindaco Beppe Sala: «Il virus non sta sfondando, è fondamentale perché se lo facesse il sistema sanitario sarebbe messo veramente in crisi». Il 10 marzo i «positivi» in provincia erano 592, ora sono quattro volte tanto. Invertire la tendenza è possibile restando a casa, isolandosi in caso di febbre e dolori, rispettando le regole in modo stringente. Mai come oggi il risorgimento dall’emergenza passa dalle prossime cinque giornate. A Milano e nel resto del Paese.