Il talento di Ida Brenna
«Amo soprattutto creare dolci»
Golosa. «Non resisto al cioccolato», svela con un sorriso birichino. Talento naturale, ma anche vocazione con radici forti, nonna in cucina, mamma pasticciera, papà con il ristorante. E tenace. I genitori si erano opposti all’idea che lei scegliesse una professione legata al food non permettendole di frequentare l’istituto alberghiero. Lei ha piegato la testa e optato per lo scientifico, poi un paio di anni di università, Ingegneria, finché, di colpo, ha preparato la valigia. Bye bye Santa Croce di Magliano, paese di quattromila abitanti in provincia di Campobasso. Destinazione: Colorno, Parma. «Ho detto ai miei che andavo a frequentare la scuola Alma di Gualtiero Marchesi solo dopo essere stata accettata», dice.
Ida Brenna aveva ventuno anni quando ha iniziato i corsi alla scuola internazionale di Alta Cucina. Oggi ne ha trenta ed è sous chef del ristorante stellato Viva (dentro Eataly, in piazza 25 Aprile) della chef Viviana Varese.
Partiamo dall’inizio, da Gualtiero Marchesi.
«Grande insegnante della vecchia scuola. Ad Alma istruiscono i cuochi in un regime militare, una sorta di palestra di allenamento per realtà rigide. Non nego, molte volte l’ambiente delle cucine, soprattutto ai livelli più alti, significa vita dura, gerarchia, competizione. Non avrei mai retto un clima così, a me è andata diversamente. A Viva si respira, si lavora con la musica in sottofondo, c’è un lavoro di squadra che emerge nei briefing giornalieri».
Quali sono stati i passaggi?
«Uno solo, e devo dire fortunatissimo. Quando ero ancora a scuola, nel febbraio 2013, ho iniziato uno stage da Alice, il precedente ristorante di Viviana Varese. Cinque mesi di tirocinio: dopo qualche settimana, la chef mi ha chiesto di rimanere. E così da allora non mi sono più allontanata».
Nessuna altra esperienza esterna?
«Non posso inventarne (risata), al di là di uno stage formativo, straordinario, che ho seguito a Barcellona, al ristorante Enigma di Albert Adrià (una stella Michelin, ndr) e le consulenze che abbiamo avuto a Viva con il maestro pasticciere Gianluca Fusto all’apertura da Eataly. Insomma, tutto il mio percorso è stato al fianco di Viviana».
Donne in cucina da sempre, ma le chef, soprattutto le stellate, sono ancora poche.
«Quote rosa in cucina, sono allergica al tema. Il solo metterlo nel piatto sottolinea le distinzioni. La mia idea è semplice: meritocrazia a prescindere se si tratta di donne o di uomini. La brigata di Viva è composta da 16 persone, quattro le donne. Sarebbe bello se fossero di più. Cambierà, è soltanto una questione di tempo».
Ricette personali…
«La pasticceria su tutto. Anche se sono nata come cuoca, il cuore batte lì, su zucchero e dintorni. E soprattutto su cioccolato e nocciola. Preferisco fare i dolci che cucinare. E la sfida odierna — togliere il latte e le farine per gli intolleranti e allergici e garantire ugualmente bontà — è appassionante».
Un ristorante tutto suo?
«Non è facile, non subito. Ma sarei bugiarda se dicessi che non ci penso. L’unica città dove aprirei è a Milano, che adoro; oppure se dovessi proprio lasciare il Bel Paese, in Spagna».
Donne cuoche? Sarebbe bello se fossero di più Ma ci arriveremo Il mio suggerimento? Più meritocrazia