Corriere della Sera (Milano)

Ammalato in viaggio, non ce l’ha fatta il medico di Codogno «Sarà cremato a Delhi»

La moglie: dava la colpa all’aria condiziona­ta

- Fr. Ga.

LODI «Se l’emergenza fosse scoppiata anche un giorno prima non saremmo partiti. E forse Andrea sarebbe ancora vivo». Pinuccia Lombardi, ex insegnante di Sant’Angelo Lodigiano, sta percorrend­o in auto gli oltre 250 chilometri che dividono la capitale del Rajastan da Nuova Dehli. Da lì verrà imbarcata sul primo aereo per Roma mentre la Farnesina le sta organizzan­do un percorso per raggiunger­e in sicurezza il Lodigiano assediato dal Covid-19. Il virus le ha appena strappato il compagno Andrea Carli, medico di famiglia di Codogno, morto alle 23 (ora indiana) di giovedì al Fortis Hospital di Jaipur. Carli e la signora erano ricoverati dal 28 febbraio, quando lui era risultato positivo al Covid-19 durante un viaggio con altri 21 amici lodigiani nel Rajastan. Il medico, residente a Sant’Angelo, era guarito dal coronaviru­s: gli ultimi due tamponi erano negativi. Ma i polmoni, già indeboliti da precedenti patologie, non hanno retto. Giovedì sera l’arresto cardiaco fatale. La salma del dottor Carli non tornerà subito in Italia «Con quanto sta accadendo — racconta Pinuccia Lombardi — abbiamo deciso di farlo cremare in India. Era il suo desiderio». Il dottor Carli aveva iniziato a sentirsi poco bene un paio di giorni dopo l’arrivo in Rajastan. Nel gruppo erano già filtrate le prime notizie di un focolaio di coronaviru­s a Codogno. «Ma lui pensava fosse un problema legato all’aria condiziona­ta dell’aereo. Dopo una settimana però la febbre aumentava e faticava sempre più a respirare». Carli e consorte sono stati portati all’ospedale pubblico di Jaipur, dove è stata scoperta la positività al virus; il resto del gruppo invece è stato fermato in aeroporto e messo in quarantena. In 14 sono ancora a New Dehli, in una struttura ospedalier­a della periferia e tutti asintomati­ci, o quasi. A

Jaipur invece Carli è stato intubato, mentre la Lombardi non si è ammalata. «Per cinque giorni non ho potuto vederlo». I medici indiani lo hanno trattato con terapie retroviral­i senza mai staccarlo dalla respirazio­ne assistita. «Dal punto di vista medico son stati bravi — afferma —, purtroppo le condizioni igieniche non erano ottimali. Dopo due settimane di ricovero, quando abbiamo avuto la notizia che eravamo finalmente negativi, ho cercato di farci spostare in altre strutture, con l’aiuto del console e della Farnesina, ma non ci voleva nessuno. E Andrea, pur guarito dal virus, non si è mai veramente ripreso». Alla fine il Fortis Hospital, struttura privata, ha accettato il trasferime­nto. Ma Carli non ha superato la prima notte.

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