LA NOTTE DEI VOLONTARI
«Mi resta addosso quel “senso di annegamento” che ci descrivono le persone quando entriamo nelle case. In un attimo siamo a contatto con le loro paure, il terrore di morire, di andare in ospedale. Le troviamo con la febbre alta da giorni e le crisi respiratorie, nello sgomento dei parenti. Stanno tutti insieme barricati dentro, ormai senza neanche mascherine o guanti. Il contagio è un attimo quando si convive, praticamente impossibile evitarlo...». Beatrice Tamburrini, laureanda in farmacia, dal 2014 è volontaria all’ambulanza Sos Milano. Le sue parole pesano. Eppure non ha pensato per un attimo di mollare: consapevole dei rischi, ma anche dell’assoluta necessità. A 25 anni è capo equipaggio, nelle case dei sospetti Covid-19 sale sempre da sola. L’unica a intabarrarsi con la tuta protettiva, la visiera, la cuffia, la mascherina FFP2 e due paia di guanti, uno sopra l’altro. «Non so più come dare coraggio alle persone, senza la mimica facciale. Non si vede più nulla di noi che possa trasmettere empatia — dice —. Siamo disarmati, con gli occhi nascosti e senza sorriso».
Al 90 per cento nelle ultime tre settimane sono stati casi di sospetti Covid, informano dalla centrale operativa. Una chiamata dopo l’altra. Interventi lunghi per la vestizione e per la sanificazione del mezzo con pulizia profonda di ogni singola superficie dopo ogni trasporto. Cloro, alcool, spray in modo quasi maniacale. Venerdì sera, ore 23. Ennesima emergenza. Beatrice e Emiliano dietro, Davide alla guida, la sirena spiegata. C’è un signore di 75 anni che abita solo, col figlio che è arrivato a soccorrerlo: l’anziano ha febbre alta da dieci giorni, gli antibiotici non fanno effetto. Ha un livello di saturazione del sangue bassissimo: crisi respiratoria. «Eppure non voleva essere portato in ospedale, sgranava occhi, ripeteva che non voleva rimanere solo». La voce un po’ si strozza, a Beatrice: «In ambulanza, col poco fiato che gli restava in gola, ha chiesto se potevamo portarlo nello stesso ospedale in cui era la moglie. Ricoverata Covid». La squadra non è riuscita ad esaudire quel desiderio, purtroppo: «C’è un clima di guerra, un senso di perdita che affligge la gente», scuote la testa Beatrice. Altra chiamata: quarantenne, febbre alta da una settimana, tosse stizzosa. In casa con lui, vicino a viale Monza, la moglie e due bambini. Beatrice misura la percentuale di ossigeno, va bene. «Ci ha raccontato che nel pomeriggio era già stato in ospedale per una crisi respiratoria ma fatti gli esami lo avevano rimandato indietro raccomandandogli di tornare solo nel caso di complicazioni».
È’ mezzanotte. Dall’altra parte di Milano, in Bovisa, un mezzo della Croce Rosa Celeste va a prendere un uomo sui 60 anni con anestesista e infermiere: «Alla fine era un “semplice” codice rosso, non Covid, ma abbiamo paura. Non ci sentiamo abbastanza protetti,