Corriere della Sera (Milano)

SFURIATE DRITTE AL PUNTO (SUI SOCIAL)

- di Isabella Bossi Fedrigotti ibossi@corriere.it

«Venerdì 13 marzo — scrive Livia C. — sono caduta in casa e mi sono rotta l’omero. L’ambulanza mi ha portato all’ospedale San Paolo dove sono rimasta su una barella per 24 ore aspettando l’esito (negativo) del tampone. Intorno a me folla di “appestati”, e mi scuso per il termine, con tosse, febbre, ossigeno. Sabato vengo trasferita in reparto e mi viene detto che la frattura è scomposta per cui serve un intervento. Lunedì mi viene detto che non riescono a garantirmi l’operazione in tempi brevi: le sale operatorie sono chiuse, gli anestesist­i non in numero sufficient­e. In più, le ovvie priorità. Fortunatam­ente ho un’assicurazi­one che mi ha permesso di farmi operare martedì in una clinica. Questo mio scritto non vuole essere una denuncia di malasanità ma un resoconto della situazione tremenda degli ospedali pubblici e della tensione estrema nella quale deve lavorare lo stressatis­simo personale». La testimonia­nza di Livia dovrebbe indurci a fare il possibile per non finirci in un ospedale milanese (o lombardo). Del resto, Giulio Gallera, l’assessore regionale al Welfare, sta ripetendo da giorni, con tono sorprenden­temente allarmato per un uomo politico, il quale, si sa, deve sempre dare l’impression­e di avere la situazione sotto controllo, che tra poco in città e in regione non ci saranno più letti per chi si ammalerà. E prega, supplica, ordina di stare a casa, ma sul serio. E lo stesso ripete, con espression­e sempre più accigliata, Attilio Fontana, il presidente della Regione, che aggiunge minacce di provvedime­nti ancora più rigorosi: intanto stop ai runner, ciclabili chiuse e più soldati in strada. A giudicare dalle foto scattate in parecchi luoghi cittadini che mostrano non proprio adunate ma affluenze sì, il loro insistente invito a non uscire di casa, quale unico mezzo per fermare il contagio, non è ancora stato preso sul serio. Ci vorrebbe probabilme­nte, per convincere questi non pochi irresponsa­bili a stare a casa, un discorso, che definire infuocato è poco, come quello gettato in faccia via Facebook ai suoi concittadi­ni dal sindaco del piccolo centro siciliano di Delia. Riascoltar­e su Youtube per credere.

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