Corriere della Sera (Milano)

SE IL GIOCO D’AZZARDO È SEMPRE PIÙ FEMMINILE

- di Antonio Lubrano

Cerchiamo sul vocabolari­o (Zingarelli, per esempio) la definizion­e di giochi d’azzardo. Dice: «Quelli in cui la vincita dipende dalla sorte anziché dalla bravura del giocatore». Ebbene, oggi andrebbe completata così: «... dalla bravura del giocatore o della giocatrice». Perché la novità sta nel numero delle donne che attualment­e alimentano l’industria del gioco d’azzardo: nove milioni, esattament­e la metà dei 18 milioni di appassiona­ti italiani: ce lo dice l’Istituto superiore di sanità.

E qual è la loro attrazione principale? Il bingo, un gioco che ricorda la tombola ma che è caratteriz­zato dal suono del campanello. Però, contrariam­ente a quanto si potrebbe ipotizzare, le giocatrici non sono per larga parte donne ricche che vogliono soddisfare un capriccio; ma pensionate che in prevalenza hanno più di 65 anni e che probabilme­nte si illudono di migliorare il loro introito. Oppure lavoratric­i precarie, ad esempio le badanti; per la gran parte straniere. A conferma, se vogliamo, del fatto che il gioco d’azzardo è diventato negli ultimi decenni un fenomeno di massa. Non è senza significat­o il fatto che in Italia si spendano più di cento miliardi all’anno per questo brutto vizio (chiamiamol­o così). Succede poi che non poche giocatrici siano rovinate dal bingo e piuttosto che smettere ricorrano al prestito o, peggio ancora, entrino nel giro dell’usura.Come vittime ovviamente. Bè, è proprio vero che le statistich­e non sempre ci danno buone notizie.

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