L’appello ai vicini svizzeri «Chiudete hotel e cantieri»
L’appello della Valchiavenna al Cantone dei Grigioni Ogni giorno 6.000 italiani attraversano la frontiera La testimonianza: ho lavorato con un collega positivo
LECCO «Credo che in Svizzera e in particolare nel Cantone dei Grigioni non si siano ancora resi conto di cosa sia il coronavirus. Ogni mattina, guanti e mascherina, mi metto in auto, passo il confine e mi sembra di trovarmi a mille chilometri di distanza. Le scuole sono chiuse, ma i bambini sono a spasso, alberghi aperti, tutti al lavoro, in particolare nei cantieri. Poi torno a casa, ho tre figli e i genitori anziani, la paura è che per colpa mia possano ammalarsi». Eros ha 45 anni, lavora nel settore dell’edilizia ed è uno dei 3.000 frontalieri che ogni giorno dalla Valchiavenna raggiungono l’Engadina. «Un collega svizzero è risultato positivo al virus, è rimasto a casa qualche giorno e poi è tornato in cantiere — racconta —. Noi eravamo terrorizzati, ma senza indicazioni precise, nel timore di perdere il posto, abbiamo continuato a lavorare. Però è vero anche il contrario, senza regole omogenee potremmo essere noi a portare la malattia oltre confine».
I numeri aggiornati dalle autorità elvetiche dicono che il Covid-19 è arrivato anche nei Grigioni, se pur con dati più contenuti: 276 positivi, 29 ricoveri, 6 decessi. Ma il malumore a ridosso della frontiera è tangibile tanto da spingere i dodici sindaci dei paesi della Valchiavenna a chiedere con una lettera formale alle autorità grigionesi di chiudere cantieri, alberghi e omologarsi ai provvedimenti italiani. «Due settimane fa avevamo domandato al prefetto di Sondrio se fosse possibile sbarrare la frontiera — spiega Davide Trussoni, presidente della Comunità Montana —. Non ci è stata data risposta, ma almeno che le autorità elvetiche adottino provvedimenti più stringenti. In Ticino lo hanno già fatto, non nei Grigioni con cui confiniamo allo Spluga, ma il passo al momento è chiuso. Invece a Villa di Chiavenna il valico è aperto, ogni giorno passano migliaia di frontalieri».
«Dopo attente riflessioni e preoccupazioni reciproche di tutti i lavoratori siamo a chiedervi di darci una mano a contenere l’espansione del coronavirus che in Italia miete 800 vittime al giorno — scrivono i sindaci —. Chiediamo di chiudere tutti i cantieri non essenziali dell’Engadina, Moesa, Bregaglia e Poschiavo, al fine di spegnere il prima possibile il contagio tra i frontalieri presenti nelle vostre ditte. Fermarsi ora, vuol dire non perdere la stagione estiva. Con una quarantena imposta, riusciamo a bloccare il contagio, a identificare i pazienti sintomatici e a fermare il virus in quelli asintomatici. Questo provvedimento, andrebbe ad esclusione dei frontalieri che vi servono nel sistema sanitario e produttivo dei beni di prima necessità, mentre vi chiederemmo di posticipare l’inizio della stagione per l’edilizia e sospendere l’attività alberghiera. Stiamo parlando di 3.000 persone, quasi 6.000 se calcoliamo anche la Valtellina». «Oggi dovrebbe esserci un incontro a livello centrale per decidere — aggiunge il sindaco di Chiavenna, Luca della Bitta —. La scelta del Ticino di seguire la linea di rigore italiana ha creato qualche dissapore e la Confederazione sta cercando di capire come muoversi, intanto però il contagio cresce insieme alla paura».