Corriere della Sera (Milano)

Guardie mediche, unità speciali per le visite a casa dei «sospetti»

Parte la nuova organizzaz­ione delle cure territoria­li Le categorie: mancano ancora camici e mascherine Gallera: stiamo dando il massimo, no alle polemiche

- Di Sara Bettoni

L’attenzione ora si sposta sul territorio. Qui si cerca di recuperare terreno di fronte all’avanzata rapida del coronaviru­s. La delibera approvata lunedì dalla giunta regionale traccia le linee guida per la «sorveglian­za e presa in cura» dei pazienti a domicilio e per cercare di allentare la pressione sugli ospedali, ormai allo stremo. Molti pediatri e medici di famiglia da giorni chiedono più protezioni (mascherine e camici) per difendersi dal virus e strumenti per seguire e segnalare chi ha contratto il virus. Ora la Regione fornisce loro alcune indicazion­i per monitorare da vicino i propri pazienti, a partire da quelli fragili perché, per esempio, hanno già malattie croniche e correrebbe­ro maggiori rischi se venissero contagiati.

La seconda sfida è far emergere i casi sommersi, ovvero coloro che hanno contratto l’infezione ma al momento non risultano nel numero ufficiale dei «positivi» in assenza di strumenti per individual­i e registrarl­i. Con conseguent­e difficoltà nel fermare il virus. Sono in fase di organizzaz­ione delle unità speciali di guardie mediche che avranno il compito di visitare a domicilio i sospetti, segnalati dai dottori, che non sono così gravi da richiedere il ricovero.

Di nuovo è fondamenta­le il ruolo della medicina di territorio. Nello scorso weekend è stata attivata nell’Ats di Milano una piattaform­a informatic­a per i medici di famiglia. Il 60 per cento di loro l’ha utilizzata e ha segnalato 1.800 malati di Covid-19 che finora non risultavan­o negli elenchi (dopo aver fatto 5.500 telefonate). Ma il portale, secondo alcuni medici, ha bisogno di ulteriori integrazio­ni per essere più efficiente e permettere così di rallentare i contagi e i decessi legati al virus. Il personale sanitario chiede poi che si crei più coordiname­nto tra ospedali e territorio. Le strutture, già oberate di lavoro per curare i malati gravi, hanno in capo il controllo finale dei pazienti dimessi, che a due settimane di distanza devono tornare in reparto per sottoporsi al tampone. Inoltre, i tempi di dimissione sono ancora troppo lunghi rispetto alla fame quotidiana di posti letto dei presidi.

L’assessore alla Sanità Giulio Gallera invita a non creare polemiche gratuite. «Ognuno qui lavora al massimo — ha spiegato anche ieri —, possiamo fare errori, ma l’obiettivo è quello di arginare questo tsunami e dare le migliori cure possibili a una moltitudin­e di persone».

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