L’azienda lodigiana ricomincia da tre «Dal rogo al virus, andiamo avanti»
La storia della Ortoverde che produce insalate in busta L’incendio, una partita contaminata, poi l’epidemia «Non ci siamo abbattuti, ora lavoriamo più di prima»
LODI Forse è nel suo destino cadere e rialzarsi. Arnaldo Amiti, agricoltore lodigiano e produttore di insalate imbustate con la sua Ortoverde di Terranova dei Passerini, anche prima del coronavirus ne ha passate tante. Per questo durante l’emergenza sanitaria è riuscito a rimboccarsi le maniche e a risalire senza patire troppo. Già nel 2015 un incendio devastante gli aveva messo fuori uso l’azienda per un anno e mezzo. Si è ripreso ricostruendola più grande, sicura «senza licenziando nessuno». Poi ha rivisto le streghe due anni dopo, quando un’informativa del ministero della Salute lo includeva tra i produttori di una partita di spinaci che si pensava fossero contaminati. Dimostrò subito che il ministero si era sbagliato. Infine, a fine febbraio l’emergenza Covid lo ha confinato in piena zona rossa. Invece Ortoverde è ancora lì, a imbustare spinacino, cicoria e lattughino per la grande distribuzione. Dodici milioni di pezzi l’anno.
«La verità è che io cerco di vedere sempre le cose in positivo e non mi abbatto mai», afferma Amiti. Quando esplosero i primi casi di coronavirus nel Lodigiano e venne decretata la «zona rossa», «nemmeno noi che produciamo beni alimentari sapevamo quanto avremmo dovuto tener chiuso. Però alle procedure di sicurezza siamo abituati. Tutti in azienda sono obbligati a usare camici e attrezzature anti contaminazione: guanti, mascherine, occhiali, retini per capelli e barbe, calzari». Mentre a Codogno si moltiplicavano i casi, per un errore di interpretazione lo hanno costretto a fermarsi per una settimana, anche se producendo beni primari era legittimato ad andare avanti a lavorare in deroga. Il prefetto Marcello Cardona e il sindaco Resemini lo hanno aiutato a ottenere la deroga a tempo record e a rimettersi in pari: «Nessun problema — dice —, abbiamo ripreso subito a pieno regime. Alla riapertura della zona rossa addirittura c’è stato anche un aumento di richieste».
Arnaldo Amiti, il coronavirus l’ha vissuto anche in casa. Sessantuno anni ben portati, vive a Castiglione d’Adda, uno dei focolai del Covid, a pochi metri dai genitori di Mattia, il «paziente 1». «Conoscevo il padre, purtroppo morto pochi giorni fa — racconta —, mentre Mattia lo vedevo al Gruppo Podistico 82 di Codogno, a cui anch’io sono iscritto. Ma alle gare ci siamo incontrati di rado: lui fa le mezze maratone, io il triathlon». Durante l’emergenza Amiti si è dato da fare per dare una mano in paese: «Ho un’attività di movimentazione terra e il sindaco mi ha chiesto di scavare nuove fosse perché al cimitero non c’è più posto: mentre facevo buche ho visto arrivare tre bare nel giro di pochi minuti. Due di loro li conoscevo bene. Questo virus ci ha colpito nel profondo».
A Terranova dei Passerini, dove ha l’azienda, le cose vanno un po’ meglio. Nonostante l’inclusione nella prima zona rossa, «i casi di positività sono stati nove — spiega il sindaco Alba Resemini — con un solo decesso, a Genova». Una signora che faceva parte della comitiva di anziani lodigiani rimasta bloccata ad Alassio e confinata in hotel a causa del virus. «Nonostante contiamo meno di mille abitanti — conclude il sindaco —, abbiamo aziende importanti e abbiamo dovuto lavorare molto per ottenere le deroghe. La Ortoverde era tra quelle che dovevano ripartire subito, ma abbiamo gestito problemi più gravi, come le 300 tonnellate di ossido di etilene stoccate alla chimica Sasol che non potevano restare in azienda. Siamo riusciti a trovare il modo di farle portar via».