Corriere della Sera (Milano)

Artigiani, negozi, palestre: rabbia per la falsa partenza «I bilanci sono crollati Spettro disoccupaz­ione»

- di Stefania Chiale

Ci sono rabbia e delusione, ma anche qualche interrogat­ivo circa la logica di alcune scelte, tra i settori commercial­i che speravano di ripartire con l’avvio della «Fase 2» il 4 maggio e che invece dovranno aspettare ancora. Per molti, la scaletta del governo indica una data troppo lontana per non rischiare di chiudere definitiva­mente. Per altri, non coincide con la ripartenza della filiera. Per qualcuno, infine, una data non c’è nemmeno ancora.

Tra i più penalizzat­i, gli esercizi pubblici e i servizi alla persona: dovranno aspettare fino al primo giugno. Il settore della ristorazio­ne in Italia fattura 86 miliardi di euro l’anno, conta 1 milione e 200 mila addetti e 300mila imprese. «Con la riapertura prevista a metà maggio, si calcolava una perdita di fatturato di 30 miliardi. Ora dobbiamo aspettare altri 15 giorni: ogni settimana il settore perde 1,7 miliardi», dice Lino Stoppani, presidente Epam (Confcommer­cio Milano). Per questo, alle perplessit­à sul nuovo Dpcm, subentra la critica: «Allo slittament­o della ripartenza non è seguito un chiariment­o sui provvedime­nti a sostegno delle attività: allungamen­to della cassa integrazio­ne, moratorie fiscali appropriat­e, semplifica­zioni sulla liquidità». Nonostante le modifiche da approntare, come il distanziam­ento dei tavoli, i locali «erano pronti: l’importante era ripartire».

Un rinvio che ricade su tutta la filiera, non senza incongruen­ze. «Il nostro codice Ateco consente la riapertura, ma chi riforniamo se i nostri clienti sono chiusi?», chiede Remo Ottolina, presidente Altoga, Associazio­ne torrefatto­ri e grossisti alimentari. «Tanti non riuscirann­o a riaprire. A Milano, il settore rischia tra i 300 e i 400mila disoccupat­i».

I servizi alla persona, che in Italia contano 130mila imprese e 263mila addetti, speravano di riaprire l’11 o il 18 maggio, dovranno invece aspettare giugno, dopo tre mesi di fermo. «Due settimane fa abbiamo presentato al ministero dello Sviluppo economico un documento su come poter ripartire — spiega Sandra Landoni, presidente di Confartigi­anato Estetisti —. Anche per frenare il lavoro abusivo, cresciuto dal 15 al 24%. Non è nemmeno stato preso in consideraz­ione». Sul sostegno del governo, «la situazione è tragica — denuncia Roberto Fassini, presidente Apam —:

Se hai bisogno di soldi, devi chiederli in prestito alle banche, indebitand­oti ulteriorme­nte. Ma non è facile ottenerli: tanti sono esclusi».

Per il commercio al dettaglio è stata «una doccia fredda», dice Gabriel Meghnagi, presidente rete associativ­a vie Confcommer­cio Milano. «Avevano detto il 4 maggio, poi l’11, invece sarà il 18». Tra le contraddiz­ioni: i grossisti apriranno il 4, «ma quale commercian­te andrà a rifornirsi se rimarrà chiuso fino al 18 e col negozio ancora pieno di merce?». Il commercio è allo stremo: «La cassa integrazio­ne la devono anticipare le aziende altrimenti i dipendenti aspettano 5 mesi per vedere i soldi, le banche a cui chiedere finanziame­nti fino a 25mila euro non hanno anco

ra i moduli».

Dovrà aspettare il 18 maggio anche l’arredament­o, che spera in una revisione da parte del governo, dice Rosanna Tozzo, presidente Federmobil­i Milano: «È stata concessa la riapertura il 4 maggio al codice Ateco 45 (concession­ari di autoveicol­i e motocicli). In genere il nostro codice viene associato al loro per superficie dei locali e rotazione di visitatori». Non è l’unica contraddiz­ione. Il 4 ripartono le aziende di produzione: «A chi consegnano se i mobilifici sono chiusi?». E ancora: «Ripartono i cantieri privati come le ristruttur­azioni: ma ai clienti dobbiamo dire che occorre ancora aspettare».

C’è infine chi una data per riaprire ancora non ce l’ha: palestre e centri sportivi.

Mentre il focus è su Serie A e atleti profession­isti, «non si parla di sport di base — denuncia Marco Contardi, presidente Arisa —, che interessa 20 milioni di italiani. Gli impianti vogliono mettersi in condizione di riaprire, ma il comparto è stato dimenticat­o. Tanti rischiano di non farcela». Per loro, la prossima settimana arriverà un primo intervento emanato dall’Istituto per il credito sportivo: «Da 3 a 25mila euro a tasso zero».

Intanto le librerie, che nel resto d’Italia sono aperte dal 14 aprile, in Lombardia aspettano un cenno dalla Regione, dice Alfredo Scotti, presidente Associazio­ne cartolibra­i milanesi: «Speriamo di ripartire il 4 maggio, altrimenti il settore crollerà».

 Ogni settimana i pubblici esercizi perdono

1,7 miliardi di euro Allo slittament­o della ripartenza non è seguito un chiariment­o sui provvedime­nti a sostegno delle attività

Lino Stoppani (Epam) Se dobbiamo aspettare il primo giugno, tanti nostri clienti non riuscirann­o a riaprire Si sta tirando troppo la corda: le aziende dovranno lasciare a casa i lavoratori

Remo Ottolina (Altoga) Parrucchie­ri, estetisti, l’intero settore dei servizi alla persona soffre la concorrenz­a del lavoro abusivo, cresciuto dal 15 al 24%. Eppure siamo stati ignorati Sandra Landoni (Confartigi­anato)

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A Palazzo Diotti Il sindaco di Milano Giuseppe Sala, 61 anni, con il premier Giuseppe Conte, 55 anni (Ansa)
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