Artigiani, negozi, palestre: rabbia per la falsa partenza «I bilanci sono crollati Spettro disoccupazione»
Ci sono rabbia e delusione, ma anche qualche interrogativo circa la logica di alcune scelte, tra i settori commerciali che speravano di ripartire con l’avvio della «Fase 2» il 4 maggio e che invece dovranno aspettare ancora. Per molti, la scaletta del governo indica una data troppo lontana per non rischiare di chiudere definitivamente. Per altri, non coincide con la ripartenza della filiera. Per qualcuno, infine, una data non c’è nemmeno ancora.
Tra i più penalizzati, gli esercizi pubblici e i servizi alla persona: dovranno aspettare fino al primo giugno. Il settore della ristorazione in Italia fattura 86 miliardi di euro l’anno, conta 1 milione e 200 mila addetti e 300mila imprese. «Con la riapertura prevista a metà maggio, si calcolava una perdita di fatturato di 30 miliardi. Ora dobbiamo aspettare altri 15 giorni: ogni settimana il settore perde 1,7 miliardi», dice Lino Stoppani, presidente Epam (Confcommercio Milano). Per questo, alle perplessità sul nuovo Dpcm, subentra la critica: «Allo slittamento della ripartenza non è seguito un chiarimento sui provvedimenti a sostegno delle attività: allungamento della cassa integrazione, moratorie fiscali appropriate, semplificazioni sulla liquidità». Nonostante le modifiche da approntare, come il distanziamento dei tavoli, i locali «erano pronti: l’importante era ripartire».
Un rinvio che ricade su tutta la filiera, non senza incongruenze. «Il nostro codice Ateco consente la riapertura, ma chi riforniamo se i nostri clienti sono chiusi?», chiede Remo Ottolina, presidente Altoga, Associazione torrefattori e grossisti alimentari. «Tanti non riusciranno a riaprire. A Milano, il settore rischia tra i 300 e i 400mila disoccupati».
I servizi alla persona, che in Italia contano 130mila imprese e 263mila addetti, speravano di riaprire l’11 o il 18 maggio, dovranno invece aspettare giugno, dopo tre mesi di fermo. «Due settimane fa abbiamo presentato al ministero dello Sviluppo economico un documento su come poter ripartire — spiega Sandra Landoni, presidente di Confartigianato Estetisti —. Anche per frenare il lavoro abusivo, cresciuto dal 15 al 24%. Non è nemmeno stato preso in considerazione». Sul sostegno del governo, «la situazione è tragica — denuncia Roberto Fassini, presidente Apam —:
Se hai bisogno di soldi, devi chiederli in prestito alle banche, indebitandoti ulteriormente. Ma non è facile ottenerli: tanti sono esclusi».
Per il commercio al dettaglio è stata «una doccia fredda», dice Gabriel Meghnagi, presidente rete associativa vie Confcommercio Milano. «Avevano detto il 4 maggio, poi l’11, invece sarà il 18». Tra le contraddizioni: i grossisti apriranno il 4, «ma quale commerciante andrà a rifornirsi se rimarrà chiuso fino al 18 e col negozio ancora pieno di merce?». Il commercio è allo stremo: «La cassa integrazione la devono anticipare le aziende altrimenti i dipendenti aspettano 5 mesi per vedere i soldi, le banche a cui chiedere finanziamenti fino a 25mila euro non hanno anco
ra i moduli».
Dovrà aspettare il 18 maggio anche l’arredamento, che spera in una revisione da parte del governo, dice Rosanna Tozzo, presidente Federmobili Milano: «È stata concessa la riapertura il 4 maggio al codice Ateco 45 (concessionari di autoveicoli e motocicli). In genere il nostro codice viene associato al loro per superficie dei locali e rotazione di visitatori». Non è l’unica contraddizione. Il 4 ripartono le aziende di produzione: «A chi consegnano se i mobilifici sono chiusi?». E ancora: «Ripartono i cantieri privati come le ristrutturazioni: ma ai clienti dobbiamo dire che occorre ancora aspettare».
C’è infine chi una data per riaprire ancora non ce l’ha: palestre e centri sportivi.
Mentre il focus è su Serie A e atleti professionisti, «non si parla di sport di base — denuncia Marco Contardi, presidente Arisa —, che interessa 20 milioni di italiani. Gli impianti vogliono mettersi in condizione di riaprire, ma il comparto è stato dimenticato. Tanti rischiano di non farcela». Per loro, la prossima settimana arriverà un primo intervento emanato dall’Istituto per il credito sportivo: «Da 3 a 25mila euro a tasso zero».
Intanto le librerie, che nel resto d’Italia sono aperte dal 14 aprile, in Lombardia aspettano un cenno dalla Regione, dice Alfredo Scotti, presidente Associazione cartolibrai milanesi: «Speriamo di ripartire il 4 maggio, altrimenti il settore crollerà».
Ogni settimana i pubblici esercizi perdono
1,7 miliardi di euro Allo slittamento della ripartenza non è seguito un chiarimento sui provvedimenti a sostegno delle attività
Lino Stoppani (Epam) Se dobbiamo aspettare il primo giugno, tanti nostri clienti non riusciranno a riaprire Si sta tirando troppo la corda: le aziende dovranno lasciare a casa i lavoratori
Remo Ottolina (Altoga) Parrucchieri, estetisti, l’intero settore dei servizi alla persona soffre la concorrenza del lavoro abusivo, cresciuto dal 15 al 24%. Eppure siamo stati ignorati Sandra Landoni (Confartigianato)