Messe e divieti: derby tra vescovi
Storico incontro tra i monsignori di Cremona e Crema davanti al prefetto: le messe come oggetto del «contendere».
CREMONA Due diocesi ed è derby. Il silenzio del vescovo di Cremona, che ha vissuto in prima persona l’esperienza del contagio, il vescovo di Crema che si è schierato con la Cei e contro il premier Conte. Sulla ripresa senza messe liturgiche, monsignor Antonio Napolioni, guida della diocesi cremonese, ed il vescovo di Crema, Danilo Gianotti, hanno atteggiamenti diversi. Nessun pronunciamento da parte del primo, mentre il secondo ha fatto propria la posizione della Conferenza episcopale italiana. «Niente da aggiungere al comunicato emanato dai vescovi», ha fatto sapere Gianotti. Mentre Napolioni, guarito dopo due settimane di ricovero, sta lontano dalle polemiche.
La questione è chiusa. Nelle due diocesi si fa come dice il Governo: per le messe aperte ai fedeli non sussistono ancora le condizione idonee per la sicurezza. Lo si è deciso ieri, al termine della riunione, in video conferenza, del Comitato provinciale per l’ordine e la sicurezza pubblica, voluta dal prefetto Vito Danilo Gagliardi.
Un incontro storico perché, insieme ai vertici delle forze dell’ordine, al presidente della Provincia e ai sindaci di Cremona, Crema e Casalmaggiore, hanno partecipato i vescovi Napolioni e Gianotti. La discussione verteva sulle funzioni religiose nel nuovo decreto della Presidenza del Consiglio del 26 aprile e sulle «migliori modalità concrete per lo svolgimento in piena sicurezza delle celebrazioni consentite». Un tema «delicato», lo ha definito il prefetto, consapevole «che il bilanciamento da operare non era semplice», ma che andava «condotto con sensibilità, pur sempre nell’ottica della massima attenzione per la salute nel contesto di una pandemia ancora in atto». Da qui, la necessità di «un confronto fra tutte le parti coinvolte». Con la finalità «di fornire un chiarimento definitivo sul tema così da escludere la necessità di ogni ulteriore discussione, che risulterebbe sterile e gratuita, se non addirittura controproducente».
Non c’è spazio per equivoci: «Le nuove misure, annunciate domenica dal presidente del Consiglio Giuseppe Conte, limitano espressamente le funzioni religiose consentite alla sola ipotesi dei funerali e con la presenza massima di 15 persone, criterio da applicarsi con una minima tollerabile dose di buon senso e opportunità in base al caso concreto, preferibilmente provvedendo alla celebrazione del rito all’aperto». Per il prefetto «resta chiaro, invece, come l’indicazione del Governo vada intesa in senso restrittivo sul tipo di cerimonia, che riguarda solo ed unicamente il funerale in senso stretto e non anche altre funzioni religiose ad esso connesse, come trigesimo, messa in suffragio o simili».
Per le messe religiose si dovrà attendere. Dopo aver sentito il parere degli operatori sanitari e confortato dagli stessi, il prefetto ha rilanciato un appello alla responsabilità: «Tutti devono contribuire al rispetto delle misure ancora vigenti per il contrasto alla diffusione del virus. Serve un’adesione quanto più possibile fedele alle restrizioni stabilite dal Governo, anche per quanto riguarda le funzioni religiose, in quanto si impongono ancora come necessarie». Anche perché «la situazione attuale rende inevitabile e comprensibile da parte del Governo e anche da parte delle autorità provinciali, la richiesta di un ulteriore sforzo nel bene della salute collettiva, per evitare passi falsi e compromettere il percorso di recupero graduale della normalità in atto».