Monumenti, lampi e silenzio Milano di notte accende la luce
La statua di Alessandro Manzoni in piazza San Fedele, il Duomo, gli archi dell’Università Statale. Milano di notte ha un volto diverso: i mattoni, le facciate, le chiese, i palazzi che si susseguono si ritagliano uno spazio nella luce, come se stessero sfuggendo dall’oscurità. Il viaggio tra i bagliori e le ombre della città addormentata riserva scorci spettacolari.
Manca poco alle dieci di sera, e l’unico rumore che si sente è lo scricchiolio delle mie scarpe sul selciato. Agli angoli delle gallerie del centro di Milano, bivacchi improvvisati si rigirano e riprendono posto, qualche tenda si muove. Sono i senzatetto che si preparano per la notte. Scusa, hai una sigaretta? Mi stacco dai miei pensieri per guardare quest’uomo che mi si para davanti. Smilzo, barba di qualche settimana, capelli che gli scendono poco dietro al collo supportati da un ampia stempiatura. Eccola, tieni, buona serata. Ha una giacca ben confezionata e scarpe eleganti, non dev’essere un senzatetto, penso. Stai attento che quello lì ci guarda, ci controlla. Con il gesto del pollice indica alle sue spalle. Alzo lo sguardo e vedo la statua del Manzoni, in piazza San Fedele. Com’era quella frase dei «Promessi sposi»? Ah si: «La peste che il tribunale della sanità aveva temuto che potesse entrar con le bande alemanne nel milanese, c’era entrata davvero...».
I mattoni di questi edifici, le facciate, le chiese, questi palazzi, si ritagliano uno spazio nella luce, come se stessero sfuggendo dall’oscurità. Guardo l’imponenza del Duomo illuminato oggi come nei giorni di festa, o del Castello Sforzesco, immobile a far da guardia. Gli archi silenziosi della Statale, e le basiliche che sembrano fare da scenografia a piazze insolitamente vuote, palcoscenico senza spettatori. Bello qui, non è vero? Lo guardo. Questa è la bellezza di Milano. Uomini e donne, che ora stanno dietro alle loro bandiere tricolore così come appartengono a queste facciate illuminate. Milano con la sua capacità di rinascere dal buio, di resistere. Milano che con una mano ti schiaffeggia e con l’altra ti porge il pane, Milano un po’ mamma, Milano venduta, Milano che non si arrende, Milano che costruisce. Grazie per la sigaretta, allora. Guardo di nuovo il Manzoni, il vociare di un gruppo di poliziotti in un angolo coglie la mia attenzione, lo sferragliare del tram diretto in via Manzoni rompe il silenzio, la città si apre e le statue di Palazzo Leoni-Calchi, quegli Omenoni che sorreggono il peso dell’edificio emergono finalmente dal buio.