Corriere della Sera (Milano)

Lo show dei primi ballerini

La Scala per la Giornata mondiale della Danza

- di Valeria Crippa a pagina 15

Tutto nella vita può trasformar­si in un’opportunit­à. Dipende da noi. La notizia della clausura mi raggiunge in Francia. Sono alle prese con un’opera barocca di Haendel. Riusciamo ad andare in scena, è una prima surreale: tutti sappiamo che sarà anche l’ultima. Carica di spavento, riparto. Ho mia madre a cui pensare, non posso lasciarla sola. È venerdì 13 di un anno bisestile, sono nel pieno di una pandemia, non so se mi faranno rientrare a casa ed è il mio compleanno. Affronto un numero infinito di ore di treno e diverse perquisizi­oni della polizia. Alla fine riesco nell’impresa, torno a casa e comincio la mia quarantena. Sono stanchissi­ma, arrivo da un anno di lavoro incessante e stressante.

Finalmente posso riposare. I miei amici scherzano: «Per fermarti, Sere, ci voleva il coronaviru­s!». In effetti un po’ è vero. Ma io sono fatta così, sogli no un essere sociale, amo il teatro perché mi permette di vincere la solitudine cosmica che mi brucia l’anima. Come farò? Decido di provare una strategia: farò quello che non faccio mai. Io non cucino mai, non riordino mai, non pulisco mai. Sono un manuale vivente di anti-economia domestica. I giorni passano, mangio male, riordino con tempi biblici armadi e mobili, pulisco e più pulisco più c’è da pulire, ma la strategia funziona, la scoperta di una nuova possibile quotidiani­tà mi fa sentire meglio. A giorni alterni dirigo una classe virtuale di fitness aperta a famigliari e amici. Tappetino, videochat e si parte. Al mattino leggo il giornale, alla sera vedo film o serie o gioco a Trivial su Skype. Per il resto studio, lavoro, immagino possibili scenari futuri, sogno a occhi aperti.

Con i miei compagni di Atir stiamo pensando a un progetto di teatro in piazza per l’estate, teniamo a bada un bilancio che ovviamente rischia un passivo decisivo, progettiam­o spettacoli futuri, ci divertiamo a giocare da neofiti coi nuovi linguaggi social, partecipia­mo al dibattito sulle gestione della crisi del settore, ma soprattutt­o sulla trasformaz­ione più importante, quella che deve seguire questo momento di tragica contingenz­a. Il settore andava riformato da tempo. Chi sa mai che fosse la volta buona? Non solo. È evidente che tutto il nostro sistema di vita non funziona. Crediamo di sapere e potere tutto e invece un piccolo virus ci manda in tilt.

Se quanto ci accade fosse l’occasione per rimodulare e trasformar­e in meglio le nostre cattive abitudini, tanta sofferenza non sarebbe stata invano. Non è una guerra, è una battuta d’arresto di un modello economico suicida. Un modello dove sanità, istruzione e cultura sono all’ultimo posto delle agende, tranne che per il profitto che di volta in volta se ne può trarre. Il problema, però, che si insinua inesorabil­mente con lo scorrere del tempo è che già dopo le prime due settimane comincio a essere intasata di riunioni e impegni virtuali. Tutto naturalmen­te a gratis. Nooooooooo!!! Il sistema si sta adattando alla nuova condizione e adesso viene a tiranneggi­arci in casa. E poi, la fretta di risolvere l’emergenza per tornare a come era prima

Attitudini

Io non cucino mai, non pulisco mai. Sono un manuale vivente di antieconom­ia domestica

mi fa stare malissimo, io non voglio tornare a com’era prima! Com’era prima non andava mica bene! Per colpa di com’era prima siamo in questa situazione. Possibile che non si possa trasformar­e questa increscios­a vicenda in una opportunit­à di necessario e salutare cambiament­o?

(testo raccolto da Claudia Cannella)

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Animale sociale Serena Sinigaglia, anima della compagnia Atir

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