Corriere della Sera (Milano)

Trasporti, distanze impossibil­i

Lettera delle aziende pubbliche al ministro: misure ingestibil­i, allarme per le code. «Si punti sulle mascherine»

- Andreis, Cavadini, Chiale e Landi

Resta quello dei trasporti il nodo più scomodo da risolvere entro il 4 maggio. Lo scrivono a chiare lettere Arrigo Giana e Andrea Gibelli, vertici di Atm e Ferrovie Nord: «Il distanziam­ento sociale in carrozza non è una soluzione sostenibil­e, sì invece all’obbligo di mascherina». Nel mirino l’effetto-code in mezzi e stazioni: «Assembrame­nti incontroll­abili e pericolosi per la salute». Il governator­e Fontana rilancia, proponendo di spalmare la settimana di lavoro su sette giorni. Nel dossier, presentato al premier Conte, la fotografia dell’economia lombarda che si prepara a ripartire: 103 imprese solo a Milano.

Sintesi brutale: no al distanziam­ento di un metro, è sufficient­e la mascherina, altrimenti diventa impossibil­e soddisfare l’esigenza di trasporto pubblico che sarà comunque superiore al 25-30 per cento imposto dal metro di distanza. Sintesi ragionata: con il distanziam­ento di un metro la capacità del trasporto pubblico si attesta al 25-30 per cento, ma la domanda di mobilità — non il 4 maggio, magari neanche il 18, ma quasi sicurament­e quando riprendera­nno tutte le attività a settembre — sarà di molto superiore, magari arriverà al 50 per cento e il distanziam­ento di un metro non solo non garantirà la richiesta di trasporto ma rischia di creare assembrame­nti nelle stazioni e nelle fermate di bus e tram pericolosi per la salute.

Si alza la voce delle aziende del trasporto pubblico. Agens con il presidente Arrigo Giana

— che tra l’altro è il dg di Atm — e Asstra con Andrea Gibelli — presidente di Ferrovie Nord Milano — hanno scritto una lettera al ministro dei Trasporti, Paola De Micheli chiedendo di rivedere le regole di accesso al trasporto pubblico. «Riteniamo —scrivono Giana e Gibelli — che l’introduzio­ne di un criterio di funzioname­nto del trasporto pubblico fondato sul distanziam­ento di un metro debba lasciare il passo a un criterio incardinat­o sull’obbligo di utilizzo delle mascherine da parte degli utenti, rigorosame­nte applicato». Quella dei presidenti, che raccolgono le più grandi aziende di trasporto del Paese, non è una vox clamans nel deserto. Analogo appello è arrivato dal segretario mondiale delle associazio­ni di trasporto (Uitp) Mohamed Mezghani: «La distanza fisica nel trasporto pubblico può significar­e la fine della mobilità sostenibil­e». «Da parte nostra nessuna polemica — dice Giana — Il tema è la domanda di trasporto. O viene veramente rimodulata al ribasso con tutti gli strumenti a disposizio­ne come lo smart working o la didattica a distanza o c’è un problema che bisogna affrontare. Anche perché non è che si può trasferire il problema fuori dai tornelli del metrò. Non è pensabile che le città, penso a Milano, siano in grado di “recuperare” le 300 mila auto delle persone che non potranno utilizzare il trasporto pubblico. C’è un limite fisico invalicabi­le. Il ragionamen­to vale per tutti, Roma, Genova, Napoli, Bologna, Firenze».

La soluzione potrebbe essere quella di «eliminare» la regola del distanziam­ento di un metro. Con tutte le precauzion­e del caso. «Stiamo sempliceme­nte chiedendo, visto che a oggi si è parlato in termini di o-o, o mascherina o distanziam­ento di un metro, se sia possibile valutare la possibilit­à di tutelare la salute dei passeggeri con la sola mascherina — continua Giana — togliendo il distanziam­ento. Questo renderebbe possibile una capienza fino al 50 per cento del trasporto garantendo un’offerta più in linea alla richiesta futura. Se non sarà possibile, bisognerà lavorare per ridurre la domanda in maniera forte». Pena «il sovraffoll­amento delle aree di attesa delle stazioni e alle fermate, ottenendo un effetto contrario a quello desiderato — si legge nella lettera — Assembrame­nti non controllab­ili e pericolosi

per la salute delle persone e addirittur­a potenziali problemi di ordine pubblico».

Non c ’è solo l’appello delle aziende del Tpl. C’è anche il piano della Regione per la Fase 2 che ruota intorno alle fasce orarie. «Non si può pensare che la gente si blocchi agli accessi — dice il governator­e Fontana — dobbiamo diminuire il flusso, allungando la giornata, spalmando il turnover non più su 5 giorni, ma su 7 lavorativi». Il concetto da eliminare è quello dell’ora di punta, un grande classico delle metropoli. Il tema dei trasporti è probabilme­nte il più pesante nel dossier che lunedì sera Fontana ha messo nelle mani del premier Conte nell’ora e mezzo di incontro in Prefettura con la testa immersa nei grafici. In Lombardia vivono 10 milioni di persone, il 17 per cento dell’intero Paese. Ci sono 420 abitanti per chilometro quadrato, il doppio della media italiana. E il cuore di tutto resta Milano, dove si convive con l’onda lunga del virus. Il 50 per cento degli addetti è impiegato nella sola provincia di Milano, che ha anche il 38 per cento di imprese. Ma c’è un grafico che Fontana tiene in punta di mani: ci sono quattro colonne colorate che partono dal rosso e scendono con arancione e giallo fino verde. Quella tabella mostra come il 49 per cento delle imprese lombarde ha un basso fattore intrinseco di rischio. Una percentual­e distribuit­a in modo omogeneo nelle diverse province: con un picco che arriva fino al 54 per cento a Lecco. Conte ha promesso che su quel fronte farà i suoi calcoli. La Fase 2 sarà quella della convivenza col virus. «Non possiamo aspettare che scompaia, il reciproco rispetto sarà la chiave di tutto», aggiunge Fontana. A rendere ottimisti i vertici dl Pirellone è il fatto che a Milano sono già tante le imprese attive. A oggi nell’intera Lombardia lavora già il 57 per cento. Il 4 maggio ripartirà un altro 23, lasciando sospeso solo il 19 per cento. A Milano ripartiran­no 103 imprese. C’è un altro dato che spiega come verrà spalmata e quindi gestita la Fase 2: dei 940 mila addetti che torneranno in servizio, il 22 per cento potrebbe restare in smart working e per un altro 10, la quota di over 60, si potrebbero trovare altre misure ad hoc.

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