La lunga notte del Toti
La notte tra il 13 e il 14 agosto 2005 quando il sottomarino sfilò in città festeggiato da 150 mila persone Il viaggio dal porto di Cremona e i «miracoli» del Genio pontieri
Quando, nel 2005, il sottomarino arrivò in città
È notte, quando nel mare Adriatico donne, uomini e bambini aspettano sulle barche l’arrivo del Rex, nel film «Amarcord» di Federico Fellini. A un certo punto, il transatlantico si staglia nel cielo nero, incoronato da luci che sembrano stelle, e la gente esulta, saluta, festeggia. Anche Milano ha vissuto l’arrivo del suo Rex, sempre di notte, quella tra sabato 13 e domenica 14 agosto del 2005: non era una nave, ma un sottomarino, l’Enrico Toti, atteso in città da una folla immensa, 150 mila persone. Partito la sera dell’8 agosto dal porto di Cremona, dove sonnecchiava sul Po da quattro anni, il colosso acquatico è stato trasformato dall’ingegno umano in mezzo anfibio, grazie a un maxi-convoglio (due carrelli da 240 ruote, per 62 metri di lunghezza, 5 di larghezza, 7,40 di altezza e un peso di 458 tonnellate) per dirigersi a passo di tartaruga, 6 chilometri all’ora, verso la metropoli, transitando da paesi lombardi – Corte Madama, Settala, Crema – che per l’occasione hanno persino attirato turisti dall’Emilia, dalla Liguria, dalla Toscana. Il pubblico si schiera ad ali, come per assistere al Giro d’Italia, con un unico, immenso, protagonista.
Poi il sottomarino si dirige a Milano, destinazione via Toffetti, in periferia, dopo un passaggio in tangenziale Est. Qualche ora di pausa, e la ripartenza, l’ultima fatica, obiettivo il Museo della Scienza di via Olona. Sette chilometri. Ma se il Toti (come viene chiamato affettuosamente con l’articolo «il», molto milanese), durante il tragitto, riposa su un letto di acciaio e ruote, c’è chi lavora e compie miracoli: polizia e carabinieri di scorta, 150 vigili, e soprattutto i tecnici del Genio pontieri. Quella notte vengono rimossi 22 semafori, 44 pali dell’illuminazione, 95 segnali stradali; vengono deviati 13 percorsi di tram e scollegate per qualche ora alcune linee aeree dell’Atm. Le operazioni sono condotte modo massiccio e perfetto, con pali, travi, luci, aiuole, pezzi di marciapiede divelti e ricollocati come erano prima in poche ore, grazie a enormi gru.
Nei punti critici, il Genio si avvale di ponti mobili per evitare il cedimento dell’asfalto. Di fronte a una tale scena si resta esterrefatti e s’intuisce come sia possibile, in tempi di guerra, trasformare il territorio abbattendo o creando barriere con incredibile rapidità. Ma questo è solo l’avanspettacolo, che anticipa l’ingresso della «star». La gente nelle strade freme, il grande attore è un poco in ritardo sulle aspettative, la folla vibra di emozione, i bambini, tenuti per mano o in spalla, hanno gli occhi sgranati nel cuore della notte.
Poi, eccolo. Illuminato da fari bianchi, il sottomarino scivola tra migliaia di mani che si levano per applaudire, qualcuno grida, altri cercano nel silenzio la potenza della visione. La circonvallazione, quella di viale Beatrice d’Este e viale Papiniano, che passa da piazza XXIV Maggio è una passerella. Affilato, robusto, elegante, sfila il Toti. «Per noi è un orgoglio — dirà il sindaco Gabriele Albertini —. Al mondo c’erano solo due città non sul mare a vantare un sommergibile in centro: Parigi e Chicago». Dall’alba di quella mattina del 14 agosto 2005, il sottomarino Toti, tirato a lustro, è nel cortile del Museo della Scienza, a farsi ammirare. Varato il 12 marzo 1967, l’Enrico Toti, primo sottomarino costruito in Italia dopo la Seconda guerra mondiale, aveva il compito di individuare il passaggio dei «colleghi» sovietici. Nel 1997 ha compiuto il suo viaggio d’addio al servizio. Ma la sua ultima, gloriosa, missione, è stata quella notte d’estate del 2005.