Genitori e Fase 2
Non siamo muli
Caro Schiavi, siamo tre famiglie, come ce ne sono tante altre, composte da genitori che lavorano, chi in smart working, chi fuori casa, chi dipendente, chi autonomo. Ci siamo «dilettati» con un piccolo rompicapo.
Stante l’attuale scenario emergenziale, gli unici aiuti pervenuti alle famiglie sono 600 euro una tantum per pagare le baby sitter (o in alternativa un congedo di 15 giorni che citiamo per completezza ma è un insulto di per sé). In ragione di ciò, si dovrebbe supporre che sia sfuggito che, per esempio, in una città chiamata Milano, una baby sitter venga pagata dignitosamente in media 10 euro/ora se richiesta una tantum e 1.200 euro al mese, se regolarmente assunta. Inoltre sarà forse sfuggito ai tanti comitati tecnico-scientifici e ministri che la baby sitter è necessaria anche mentre si lavora in smart working, perché i nostri piccoli pargoli perseverano nel considerarci mamme e papà.
Veniamo ora al «conto della serva». A due mesi dalla chiusura delle scuole, una coppia di genitori lavoratori si è ritrovata a dover pagare 2.400 euro per chi accudisce i propri figli e vedersi corrispondere un aiuto di 600 euro. È un aiuto, per carità, ma non lo si può definire concreto. A complicare il rompicapo, c’è un livello fase 2: chi si occuperà dei nostri figli quando il Paese ripartirà e con quali aiuti concreti alle famiglie? La coppia di genitori che non riesce più a sostenere le spese mensili ha davanti a sé 3 scelte: a) Il genitore che guadagna meno può lasciare il lavoro se il suo stipendio non è almeno pari o superiore alla spesa per sostenere la baby sitter; b) I due genitori possono pensare di ritornare ad appoggiarsi ai nonni, se abitano nelle vicinanze, anche se altamente sconsigliato «perché rischia di alimentare la pandemia». c) Poter chiedere aiuto al Divino, cosa che in quanto a concretezza, non si discosta poi tanto da quella del governo. Pare, per assurdo, che il piano della ri-partenza non preveda l’esistenza di professionisti che siano anche genitori. Spesso ci sentiamo come quei muli che portano il vino e bevono l’acqua. E proprio per quanto descritto, quello che chiediamo ai nostri governanti in primis, e ai tanti e tanti comitati tecnico scientifici è questo: non rendeteci impraticabile la salita. I muli, si sa, hanno un cuore grande; ma anche zoccoli che sanno far male.
Il vostro disagio è comune a tante famiglie milanesi. Bisogna fare «i conti della serva», ma io a questo punto confido nella vostra terza ipotesi. Sto riconsiderano i miracoli.