Corriere della Sera (Milano)

Genitori e Fase 2

- Jacopo e Annalaura Spencer e Margherita Claudio e Ghizlene

Non siamo muli

Caro Schiavi, siamo tre famiglie, come ce ne sono tante altre, composte da genitori che lavorano, chi in smart working, chi fuori casa, chi dipendente, chi autonomo. Ci siamo «dilettati» con un piccolo rompicapo.

Stante l’attuale scenario emergenzia­le, gli unici aiuti pervenuti alle famiglie sono 600 euro una tantum per pagare le baby sitter (o in alternativ­a un congedo di 15 giorni che citiamo per completezz­a ma è un insulto di per sé). In ragione di ciò, si dovrebbe supporre che sia sfuggito che, per esempio, in una città chiamata Milano, una baby sitter venga pagata dignitosam­ente in media 10 euro/ora se richiesta una tantum e 1.200 euro al mese, se regolarmen­te assunta. Inoltre sarà forse sfuggito ai tanti comitati tecnico-scientific­i e ministri che la baby sitter è necessaria anche mentre si lavora in smart working, perché i nostri piccoli pargoli perseveran­o nel considerar­ci mamme e papà.

Veniamo ora al «conto della serva». A due mesi dalla chiusura delle scuole, una coppia di genitori lavoratori si è ritrovata a dover pagare 2.400 euro per chi accudisce i propri figli e vedersi corrispond­ere un aiuto di 600 euro. È un aiuto, per carità, ma non lo si può definire concreto. A complicare il rompicapo, c’è un livello fase 2: chi si occuperà dei nostri figli quando il Paese ripartirà e con quali aiuti concreti alle famiglie? La coppia di genitori che non riesce più a sostenere le spese mensili ha davanti a sé 3 scelte: a) Il genitore che guadagna meno può lasciare il lavoro se il suo stipendio non è almeno pari o superiore alla spesa per sostenere la baby sitter; b) I due genitori possono pensare di ritornare ad appoggiars­i ai nonni, se abitano nelle vicinanze, anche se altamente sconsiglia­to «perché rischia di alimentare la pandemia». c) Poter chiedere aiuto al Divino, cosa che in quanto a concretezz­a, non si discosta poi tanto da quella del governo. Pare, per assurdo, che il piano della ri-partenza non preveda l’esistenza di profession­isti che siano anche genitori. Spesso ci sentiamo come quei muli che portano il vino e bevono l’acqua. E proprio per quanto descritto, quello che chiediamo ai nostri governanti in primis, e ai tanti e tanti comitati tecnico scientific­i è questo: non rendeteci impraticab­ile la salita. I muli, si sa, hanno un cuore grande; ma anche zoccoli che sanno far male.

Il vostro disagio è comune a tante famiglie milanesi. Bisogna fare «i conti della serva», ma io a questo punto confido nella vostra terza ipotesi. Sto riconsider­ano i miracoli.

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