Carcere duro al boss legnanese della ’ndrangheta
Rispoli, capolocale della zona di Malpensa, è in cella per un omicidio avvenuto 12 anni fa
Carcere duro per il boss lombardo della ‘ndrangheta Vincenzo Rispoli. La decisione è arrivata dal Dap nei giorni scorsi e il 57enne considerato dalla Direzione distrettuale antimafia di Milano capolocale di Legnano si trova ora recluso nel penitenziario di Tolmezzo.
Rispoli, era stato arrestato un anno fa per l’omicidio di Cataldo Aloisio, freddato vicino al cimitero di Legnano il 26 settembre 2008. I magistrati lo accusano di essere l’esecutore del delitto su ordine della cosca Farao-Marincola di Cirò Marina (Crotone). Ma Rispoli è finito al centro anche dell’inchiesta «Krimisa» sulla ‘ndrangheta a Malpensa. Per quell’indagine il pm Cecilia Vassena ha chiesto 16 anni di carcere per associazione mafiosa. Lunedì le repliche dei difensori Michele D’Agostino e Lucia Corigliano.
Enzo Rispoli, nato a Cirò Marina, è un personaggio storico delle cosche calabresi in Lombardia. Considerato dagli investigatori un leader violento e spietato, a Legnano gestiva un negozio di frutta e verdura fino al suo arresto nella primavera del 2009 per l’operazione «Bad Boys». Nel 2017, dopo 8 anni di cella era stato scarcerato. Ma come ricostruito dalle indagini dei pm Alessandra Cerreti e Cecilia Vassena, coordinate dall’aggiunto della Dda Alessandra Dolci, Rispoli era tornato a comandare il «locale». Mentre i carabinieri del Nucleo investigativo, guidati da Michele Miulli e Cataldo Pantaleo, lavoravano al blitz «Krimisa» del 4 luglio, era arrivato il colpo di scena. I colleghi del Ros di Milano diretti dal tenente colonnello Andrea Leo lo hanno arrestato per l’omicidio di Aloisio avvenuto 11 anni prima. A dare la svolta decisiva la collaborazione di Francesco Farao, figlio del boss e capocosca Giuseppe. Il movente era legato a una spietata vendetta.
Aloisio aveva fatto la spia con i carabinieri raccontando che erano stati i Farao-Marincola ad uccidere suo zio Vincenzo Pirillo. E aveva svelato dove erano nascosti due latitanti. Ma soprattutto aveva covato propositi di vendetta. I legali non hanno commentato il provvedimento del Dap sul carcere duro. Una decisione arrivata nel pieno della bufera per le «scarcerazioni facili» per l’emergenza Covid. Tra i padrini «lombardi» che hanno riguadagnato la libertà anche il boss di Desio Candeloro Pio, arrestato e condannato in Infinito. Tuttavia le condizioni di salute di Rispoli sono state giudicate compatibili con il regime del 41 bis.