«Vescovi imprudenti Niente messa con i fedeli»
Corenno, le funzioni in chiesa restano a porte chiuse Don Angelo Riva ha perso il papà e un collaboratore «È ancora troppo presto, il Vangelo predica la salute»
«In una settimana per il coronavirus ho perso il papà e il mio più prezioso collaboratore, don Adriano Locatelli. Mia mamma invece è ricoverata da due mesi in ospedale. Non nascondo il momento personale di grande sofferenza, anche per questo non me la sento, diversamente da quanto suggerito dai vescovi, di aprire pubblicamente le celebrazioni a partire dal 18 maggio». Monsignor Angelo Riva, 53 anni, parroco di Carenno e delle frazioni calolziesi di Lorentino e Sopracornola, mischia nella voce il dolore alla concitazione di spiegare una decisione difficile. In una lettera aperta a tutta la comunità invita la popolazione alla prudenza, chiedendo di aspettare ancora un mese, almeno fino all’inizio dell’estate, prima di tornare a messa, suggerendo di seguire le celebrazioni festive via Facebook e sui canali televisivi.
La diocesi di Bergamo, da cui dipende Carenno, abbarbicato in una conca verde ai piedi delle montagne lecchesi, ha perso in queste settimane 25 sacerdoti e lui, don Angelo Riva, si scaglia contro una decisione che non riesce a comprendere. «La scelta dei vescovi è stata imprudente rispetto a quanto ancora sta accadendo in Lombardia — spiega il religioso —. Aspettare
un attimo per vedere l’evoluzione del fenomeno è indispensabile in questo momento. Preferisco fare mio l’invito del Papa a una seria prudenza. Il Vangelo, in cui crediamo e che predichiamo, è per la vita, salute compresa. Affrettare la ripresa delle celebrazioni, con la presenza di anziani e di persone più esposte, mi preoccupa». Riprende fiato, si asciuga gli occhi lucidi, mostra la lettera che ha inviato ai parrocchiani. Ma non si tira indietro. «Non ho mai smesso di celebrare in questi mesi, se pure da solo come prevedeva la normativa — prosegue il don —. Continuerò a farlo e le porte della Chiesa saranno aperte. Sono state adottate le misure di prevenzione richieste e anche a Carenno le funzioni saranno pubbliche. Ma l’invito ai fedeli è a non venire». La fa con una lettera in cui dà voce alla sua sofferenza: «Mi capita in questi giorni di piangere il dolore che ho dentro — scrive alla comunità —. Un dolore così pesante, per certi aspetti assurdo e disumano, colmo di solitudine, soprattutto durante la quarantena. Chiedo affetto, comprensione e vicinanza». Nessun braccio di ferro con le autorità religiose o scelta di disobbedienza, solo l’appello ai fedeli perché siano loro a farsi responsabili dove, secondo don Angelo, chi ha preso certe decisioni non lo è stato. E in molti sembrano averlo ascoltato. «Ho ricevuto decine di telefonate. Mi hanno ringraziato per il coraggio di questa scelta».