«Musulmani d’Italia», il grazie di Silvia
Il messaggio dopo un video di sostegno. Minacce, sentiti dai Ros il padre e lo zio
Saranno identificati nelle prossime ore gli hater che in questi giorni hanno lanciato una campagna di odio sui social contro la cooperante Silvia Romano. I carabinieri del Ros hanno analizzato centinaia di messaggi e le indagini aperte dal pm Alberto Nobili per minacce aggravate sono vicine a una svolta. Ieri i carabinieri hanno sentito il padre e lo zio della cooperante. Intanto Silvia è tornata a «parlare» rispondendo a un videomessaggio dei «musulmani d’Italia». Lei, che si è convertita all’Islam durante questi mesi di prigionia, ha risposto in arabo e italiano: «Assalamualaikum. Che Allah vi benedica per tutto questo affetto».
Le indagini sugli hater di Silvia Romano sono vicine a una svolta. I carabinieri del Ros hanno analizzato centinaia di messaggi e post Facebook con minacce e insulti contro la cooperante rilasciata una settimana fa a Mogadiscio dopo 18 mesi di prigionia. E i primi risultati sono già sul tavolo del capo del pool Antiterrorismo, Alberto Nobili. L’identificazione degli «odiatori» arriverà nelle prossime ore. I messaggi «più pesanti» sono stati inviati da profili falsi e per questo è stato necessario un complesso lavoro informatico per arrivare ai reali autori che saranno indagati per minacce aggravate. Su questo fronte la Procura sta valutando anche l’ulteriore aggravante dell’odio razziale e religioso.
Ieri i carabinieri del Ros, guidati dal tenente colonnello Andrea Leo, hanno interrogato il padre Enzo Romano e lo zio Alberto Fumagalli, fratello della madre Francesca. Dal loro racconto sono emersi alcuni chiarimenti in merito alle dichiarazioni rilasciate alla stampa nelle quali si faceva riferimento alle minacce ricevute dalla 24enne e al clima di «paura» in cui vive la famiglia. Martedì pomeriggio nella caserma di via Lamarmora erano già state interrogate la madre e la stessa cooperante,
Il grazie A tutti quelli che, in questi primi giorni dopo il mio ritorno a casa, mi sono stati vicini non posso che dire grazie Assalamualaikum Che Allah vi benedica per tutto questo affetto che mi state dimostrando
sempre nell’ambito dell’indagine aperta a Milano sulle minacce di morte via social.
Sul fronte dell’altra inchiesta, quella sul sequestro avvenuto in Kenya e aperta dalla procura di Roma, sono arrivate le maggiori novità di giornata con la perquisizione dei carabinieri alla sede di Fano (Pesaro e Urbino) dell’associazione «Africa Milele» attraverso la quale la 24enne aveva intrapreso il suo percorso da volontaria in Africa. L’indagine vuole verificare se i responsabili dell’associazione avessero attivato tutte le misure di protezione e assicurative nei confronti della giovane rapita a Chakama, a 80 chilometri da Malindi. Il sospetto è legato anche alle accuse lanciate dalla madre Francesca che, dopo il rilascio, ha sostenuto che la Onlus ha mandato la figlia «allo sbaraglio».
Intanto si allenta un po’ la pressione sulla casa dei Romano. In via Casoretto sono quasi spariti fotografi, giornalisti e telecamere. Un lento ritorno alla normalità per Silvia,
anche se deve trascorrere almeno un’altra settimana di «quarantena» a causa delle norme sanitarie sul coronavirus prima di poter uscire di casa. A sorvegliare sulla sua sicurezza polizia e carabinieri dopo che giovedì pomeriggio la prefettura ha disposto la «vigilanza generica radiocollegata» (il primo step delle misure di protezione personale) proprio per le minacce ricevute e le misteriose incursioni nello stabile su cui indaga la Digos.
Intanto ieri mattina Silvia Romano è tornata a «parlare» attraverso Facebook rispondendo a un videomessaggio realizzato dal gruppo dei «musulmani d’Italia». Un lungo filmato con oltre cinquanta messaggi di «bentornata» che le sono stati rivolti dai responsabili di varie comunità islamiche italiane. Tra questi anche i fedeli della moschea Mariam di via Padova 366 al confine con Segrate: «Siamo vicino a casa tua, ti aspettiamo a pregare con noi». La 24enne, che durante i mesi di sequestro si è convertita all’Islam, ha risposto con un saluto in arabo e in italiano: «Assalamualaikum. Che Allah vi benedica per tutto questo affetto che mi state dimostrando».
L’indagine
Gli insulti più pesanti inviati da profili falsi Possibile l’aggravante dell’odio razziale