Niguarda, tombini esplosi vie chiuse e palazzi al buio «Paghiamo sempre noi»
Esausti gli abitanti del quartiere: basta con questa precarietà Serve più manutenzione ai fiumi e un adeguamento delle fogne
Benvenuti nella Venezia di Milano, detto con poche velleità artistiche e moltissime problematiche legate all’acqua alta. Quando nel resto della città c’è una pozza, a Niguarda minimo è un lago. E la bomba d’acqua venuta giù l’altra notte ha lasciato il segno. Anche se nessuno qui si azzarda a fare paragoni biblici con le vere «alluvioni» nel quartiere, quelle del 2010 e del 2014.
Sono le 9 di mattina e Niguarda si risveglia con le cantine piene. Qualcuno ha rispolverato gli stivali. E fa un effetto strano, dato che per colpa del coronavirus qui ci si era quasi dimenticati del problema cronico. In via Valfurva, via Padre Luigi Monti e Val Cismon notoriamente il triangolo delle Bermuda. Quello che di solito si arrende per primo. Qui nella notte tra giovedì e venerdì i tombini sono letteralmente esplosi. Il fiume d’acqua entra anche nei pozzetti dell’A2A e causa blackout in serie. Palazzi al buio, alberi caduti, qualche disagio ai mezzi di superficie e bombardamento di chiamate al numero dei Vigili del Fuoco. I Vigili che chiudono le strade fino alle prime ore del mattino. L’odore acre marca il territorio e non lascia dubbi d’interpretazione. Perché stavolta è venuto su tutto dalle fognature. «Stanotte i niguardesi hanno pagato per l’ennesima volta lo scotto di un approccio alla natura obsoleto e distruttivo. Ma ogni volta che esondano Seveso e Lambro l’attenzione si concentra sulla superficie — racconta Jonathan Chiesa, che oltre ad essere tra i portavoce del comitato Torrente Seveso, a Niguarda ci vive da anni —. Da questo punto di vista a Milano manca manutenzione. Il Seveso che entra sotterraneo nella prima parte viene dragato bene, dopo meno, tanto che l’acqua fono
Granelli La decisione di far uscire le persone dalle comunità con sede sulle rive del fiume è stata presa per prudenza
gnaria esce sempre e solo qui», racconta. Ci sono le macchine dei vigili che scortano i camioncini dell’Amsa che rimettono in ordine le carreggiate. «È una situazione sfiancante, mentre chi di dovere non si occupa della pulizia delle acque», attacca il consigliere del municipio 9, Stefano Indovino. A pochi metri, una portinaia lava uno dei pochi marciapiedi intonsi con la canna. È nuova del ruolo: «Non ti basta l’acqua che è venuta giù», le grida un signore che a Niguarda di allagamenti ne ha collezionati parecchi.
Milano ieri si è risvegliata con tutti gli acciacchi di un carico d’acqua come non se ne vedeva da tempo. Dalle 2 alle 6, per almeno 4 ore di un temporale senza mezze misure. E come si dice in un bar all’ombra dell’ospedale «almeno stavolta la bomba d’acqua ha picchiato in modo più democratico su tutta la città». «Incredibile — fa notare qualcu—. «Siamo tornati a parlare di vasche di laminazione e strade allagate». Un segnale che esiste ancora un’attualità complicata che va oltre le ferite lasciate dal Covid. Per molti il (nuovo) problema tra quelli sottovalutati è proprio quello degli scarichi fognari: «Questo è un quartiere tormentato che non può permettersi un continuo stato di precarietà. Il Comune deve intervenire subito per adeguare le fognature», aggiunge Arturo Calaminici dell’associazione Amici Parco Nord. Perché se pure è vero che non può piovere per sempre, «non possiamo nemmeno ogni volta pagarne i danni noi», dicono due signore che stanotte non hanno dormito. Ogni lampo e ogni fulmine era come un memo. Sapevano che la sveglia sarebbe stata pessima. E che sarebbe toccato anche stavolta lavorare di secchio e paletta. Senza nemmeno la consolazione di essere in riva al mare.
Don Mazzi Gestione inadeguata: ci hanno mandati via nel cuore della notte dopo due mesi rinchiusi a causa del Covid