Giustizia, Anm al ministero: «Ora basta insicurezza»
Rischio fibre
Da settimane erano appoggiate a terra, esposte a chiunque di passaggio nei corridoi della Procura Distrettuale Antimafia al sesto piano del Palazzo di Giustizia, e ieri pomeriggio - soltanto dopo che l’altro giorno il Corriere lo ha segnalato si è proceduto finalmente alla rimozione di queste doghe di lana di vetro: smontate a metà aprile dopo l’allagamento per la rottura di una tubazione, e dello stesso tipo di quegli «isolanti sopra pannelli del controsoffitto» del settimo piano nei quali giorni fa una ditta, incaricata della bonifica dei danni causati agli Uffici Gip e Sorveglianza dall’incendio del 28 marzo, ha rintracciato materiali che «analisi di laboratorio classificano Fav (fibre artificiali vetrose) con pericolosità Canc2», cioè a «possibile rischio cancerogeno».
E’ l’ultimo (sottovalutato) grano di un rosario di eventi - a metà tra la prolungata incuria e infine l’imprevedibile fatalità - che ieri hanno spinto la sezione milanese dell’Associazione Nazionale Magistrati a invocare che il Ministero della Giustizia e le altre competenti Amministrazioni «ripristinino con urgenza le minime condizioni di sicurezza del Palazzo di Giustizia di Milano, ufficio nevralgico per la vita giudiziaria del Paese, nonché luogo pubblico in cui affluiscono circa 5.000 mila utenti al giorno».
Tra «tutti quei lavori urgenti ed improrogabili per assicurare le minime condizioni di igiene e sicurezza dei luoghi di lavoro del personale giudiziario e amministrativo», l’ANM locale addita per l’ennesima volta che «l’impianto elettrico richiede l’adeguamento e la messa a norma; i parapetti delle scale e delle balaustre richiedono l’innalzamento della loro altezza; le porte vetrate e le finestre di corridoi e androni devono essere resi infrangibili; gli accessi di Porta Vittoria, via Manara e San Barnaba vanno ristrutturati per consentire velocemente l’esodo» in caso di emergenza; e ora «è necessario accertare quanto prima la presenza di fibre cancerogene in relazione ai pannelli del controsoffitto nelle aree interessate dall’incendio e dall’infiltrazione di acqua».