Negozi non alimentari: tornato solo un cliente su tre
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Basta una manciata di giorni, per capire il significato di questa Fase 2 per chi ha dovuto alzare la saracinesche di negozi, bar o ristoranti. Al netto di qualche polemica sul rifiorire della movida, la fotografia che esce dai numeri racconta un andamento lento. Una voglia di ripartenza delle imprese dimostrata dal fatto che il 97 per cento del dettaglio non alimentare ha provato a ripartire. Come dire, loro la buona volontà ce l’hanno messa, ma il problema è che sono pochi i clienti disposti ad andarci. Di media solo una persona su tre (il 30 per cento). All’indagine di Confcommercio hanno partecipato 1.079 imprese. «La Fase 2 è partita al rallentatore — spiega Marco Barbieri, segretario generale di Confcommercio Milano, Lodi, Monza e Brianza —. Si rileva la voglia delle imprese di ricominciare in sicurezza, ma emerge l’urgenza di abbreviare i tempi degli interventi di sostegno: più risorse a fondo perduto, meno burocrazia, più rapidi i pagamenti degli ammortizzatori sociali».
Ha riaperto il 61 per cento dei servizi alla persona e il 59 per cento della ristorazione. Un settore costretto a un’improvvisa e forzata metamorfosi, proprio nelle settimane di inizio estate. Quando normalmente la Milano storicamente da bere si riempiva di tavolini all’aperto, eterni happy hour o cene in prima, seconda e terza serata. E invece oggi ristoratori e gestori di bar sono costretti a misurare i loro affari col metro in mano. Regge, come del resto ha funzionato bene anche nei giorni più duri del lockdown, il comparto alimentare, che registra buoni numeri di affluenza: 76 per cento. Così, l’hanno detto molto chiaramente tanti gestori in questi giorni, non si può andare avanti a lungo. Ed è probabile, che dopo il lungo test della stagione estiva, ci saranno da tirare le somme. Dal sondaggio emerge anche la profonda crisi delle agenzie di viaggio: poche riaperture, clienti al due per cento, ma soprattutto solo il sei per cento intenzionato a programmare vacanze. Non solo non si viaggia, ma si è perso anche lo spirito di organizzarle. Il sentimento che emerge dall’indagine di Confcommercio racconta un misto di rabbia e rassegnazione. Soltanto poco più del 4 per cento degli intervistati giudica positivamente le misure di sostegno messe sul tavolo dal Governo per scontare la ruggine accumulata e riprendere il percorso nella Fase 2. Per il 63% il giudizio è addirittura negativo o, se possibile, ancora di più. Il monitoraggio fotografa l’andamento di pochi giorni. È forte la sensazione che molti abbiano riaperto in modo guardingo, prudente. Buttando l’occhio al vicino di vetrina e facendo due calcoli su come riprogrammare un futuro economicamente riscritto da tre mesi di coronavirus. L’emergenza ha riscritto molti trend che sembravano scolpiti nel marmo. Fino a qualche settimana fa, chiunque sognava di aprire un bar sui Navigli o un’agenzia immobiliare ai piedi di Porta Nuova. Adesso vorrebbero essere tutti parrucchieri. Almeno per qualche giorno. Poi è possibile che ci sia da rimescolare le carte.