I sei figli del «dottor basket» e il canestro della solidarietà
Per tutti era il «dottor basket». Anestesista e pneumologo al Galeazzi e alla Columbus. Alberto Pollini, medico brianzolo, ucciso dal Covid era conosciuto per il suo impegno nella pallacanestro: «L’Olimpia la sua passione, la famiglia il suo trofeo». Un vuoto che va oltre la retorica del lutto.
MONZA Il lavoro, la pallacanestro, la fede, ma soprattutto la famiglia. E che famiglia, quella di Alberto Pollini, medico brianzolo sconfitto a 54 anni dal Covid. Moglie, sei figli, il cane. «La famiglia era il suo trofeo», ricorda il fratello Sergio. Alberto, oltre ai suoi cari, lascia un vuoto che va oltre la retorica del lutto tra i tanti amici, colleghi, pazienti, parrocchiani e sportivi che hanno conosciuto il suo sorriso, la sua conversazione brillante, il suo cuore di medico presente per tutti. Votato alla professione (esercitava come anestesista e pneumologo al Galeazzi e alla Columbus di Milano, oltre che privatamente), Pollini, che viveva a Robbiano di Giussano, ha scelto di prestare servizio volontario a Ponte San Pietro (Bergamo) con i pazienti colpiti dal Covid. Lo stesso virus che lo ha aggredito chissà dove, forse anche prima di quest’ultima esperienza di medico in missione, e che lo ha vinto nei giorni scorsi dopo un mese di lotta in ospedale. Lui che di battaglie, nella vita, ne aveva vissute tante.
Quelle per realizzare il sogno di diventare medico: lui che da ragazzo non aveva le spalle coperte, quanto a possibilità economiche. Ma che ha fatto lo stesso il suo percorso con le borse di studio. Oppure le battaglie sportive. Il basket come passione che «gli faceva perdere il controllo», ricordano gli amici. Tifosissimo dell’Olimpia Milano che, quando poteva, andava a sostenere sugli spalti del Forum. Allenatore in gioventù della Polisportiva Veranese. Padre-tifoso a bordo campo di Sara (che oggi ha 25 anni),
Elisa (24), Matteo (20), Chiara (17) Pietro (12 da compiere). Cinque dei suoi sei figli (l’ultima nata, Sofia, ha solo 5 anni) che indossano o hanno indossato negli anni la maglia del Basketcosta, squadra di Costamasnaga (Lecco), che nella pallacanestro giovanile è diventata una realtà vincente.
Fabrizio «Bicio» Ranieri è il direttore generale della società e quando parla di Alberto Pollini la sua voce si incrina: «Nelle partite in casa era il medico di servizio, ma soprattutto era uno che ci aveva reso parte della sua famiglia. I suoi ragazzi sono cresciuti o stanno crescendo con noi. Sono
lo specchio del padre, educati, rispettosi, sanno fare gruppo». Le sue parole fanno eco ai tantissimi messaggi piovuti in questi giorni sui social network. Un collega e amico , Ezio Corbellini, ha avviato una raccolta fondi in rete (Gofundme.com) a sostegno dei famigliari di Pollini. Né la moglie Alessandra, ex infermiera (il loro amore è nato in corsia a Niguarda), né i figli sapevano di questa iniziativa di solidarietà. Circondati dall’affetto della comunità di Robbiano, oggi sono chiusi in un silenzio composto. Per loro parla il fratello Sergio. «La vita ci ha dato una mazzata. Per Alberto la famiglia era il suo fiore all’occhiello, un biglietto da visita da esibire con fierezza, a volte si presentava dicendo “ho sei figli ma non sono ciellino”, per fare una battuta. Era molto credente e in parrocchia era un punto di riferimento come lo era per i suoi pazienti, oggi siamo sommersi da manifestazioni di affetto». Contro la malattia ha combattuto a lungo. Negli ultimi giorni, quando di speranze non ce n’erano più, Sara, la più grande dei suoi figli, ha discusso la tesi in Ingegneria matematica. I docenti, a conoscenza della situazione, le hanno chiesto se voleva rimandare. Lei è andata avanti: «Lo devo a mio padre», ha detto.