Corriere della Sera (Milano)

«Senza risorse, l’aministia diventerà una necessità»

La presidente del Tribunale di Pavia

- Luigi Ferrarella lferrarell­a@corriere.it © RIPRODUZIO­NE RISERVATA

Può fare impression­e che a parlare di amnistia sia un presidente di Tribunale, Annamaria Gatto a Pavia, che in 5 anni ha assorbito l’incamerato arretrato al ritmo di una media annuale di 250 sentenze dibattimen­tali e 400 gup. A dispetto di «3 aule disponibil­i per l’alternarsi di Assise, tre collegi, otto magistrati togati e tre onorari, più a volte i giudici civili le cui stanze sono così piccole da non rispettare il distanziam­ento minimo». E a dispetto di «cancelleri­e dove il personale è letteralme­nte stipato in spazi angusti. Inutile dire che la situazione è nota al ministero, ripetutame­nte e inutilment­e rappresent­ata».

In due mesi di lockdown sono arrivati 300 fascicoli più del periodo del 2019, con il risultato che — tra i rinvii e i nuovi — il ruolo di ciascun giudice del dibattimen­to supera i 450 processi, e i ruoli di udienza di ciascuno (20 processi monocratic­i e 5 collegiali a udienza) sono già esauriti sino ad aprile 2021. Gatto calcola che per smaltire ci vorranno almeno 3 anni, «sempre che le Autorità preposte facciano quanto di loro competenza» sulle risorse. Ma «se non avverrà, come purtroppo mi sento di affermare alla luce della mia esperienza in questi 5 anni, l’unica soluzione praticabil­e è un provvedime­nto di clemenza». La presidente del Tribunale sa che è «una richiesta “impopolare”, ma le spinte “giustizial­iste” devono fare i conti con la realtà dei fatti. Si impone la necessità di scegliere se ridare funzionali­tà al sistema o affossarlo definitiva­mente» lasciando che la prescrizio­ne arrivi prima della sentenza di primo grado fissata dalla «discussa riforma, con buona pace del diritto dei cittadini ad una giustizia rapida ed efficace. Mi chiedo a chi verrà, allora, addossata la “colpa” di questo fallimento: ai magistrati “fannulloni”, oppure agli avvocati “astensioni­sti” o che, per il solo fatto di esercitare con scrupolo il mandato difensivo, vengono tacciati di essere “maestri” nel cercare cavilli giuridici per rallentare la definizion­e dei processi».

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