Violenze in casa, l’allarme del pm: picco di denunce dopo il lockdown
Il procuratore aggiunto Mannella: dopo il lockdown si moltiplicano le segnalazioni. Tanti casi legati a cure psichiatriche interrotte. Crescita della pedopornografia
Violenze domestiche, il procuratore aggiunto del Tribunale, Maria Letizia Mannella, racconta dell’aumento delle denunce non appena conclusa la fase di lockdown: «Era difficile fare segnalazioni da recluse». Primo caso di misure di prevenzione (sorveglianza speciale e divieto di frequentazione dei luoghi) nel caso di un incensurato per maltrattamenti in famiglia.
Meno abusi sessuali, maltrattamenti crollati della metà come le lesioni gravi: a guardare il numero delle denunce, sembra che le violenze in famiglia si siano ridotte vertiginosamente nel periodo peggiore della pandemia, quasi che la lunga reclusione domestica avesse portato maggiore tranquillità nelle case dei milanesi. Sembra, ma non è così, forse è esattamente il contrario. Più probabilmente, la convivenza forzata ha impedito alle vittime di sfuggire al controllo degli aguzzini e di denunciare gli abusi che in alcuni casi si sono aggravati.
Una rilevazione condotta dal procuratore aggiunto di Milano Maria Letizia Mannella, che guida il pool di magistrati che si occupano di soggetti deboli e reati in famiglia, ha dato risultati positivi solo apparentemente. In realtà, secondo la lettura dello stesso magistrato, «questi numeri sono solo un effetto ottico che non deve trarre in inganno perché le violenze, purtroppo, sono continuate e continuano». Tra il 21 febbraio e il 17 aprile scorsi, in Procura sono state presentate 178 denunce di maltrattamenti in famiglia, 186 in meno che nello stesso periodo del 2019 quando erano state 364. Una riduzione secca di oltre il 51%.
E che dire delle lesioni personali gravi, quelle, per intenderci, dovute alle botte che i mariti danno alle mogli che finiscono in ospedale? Molte volte le donne non hanno il coraggio di denunciare per mille ragioni, prima di tutto per la paura di essere picchiate ancora e di più oppure, perché sperano che non ci sarà un’altra volta o addirittura perché arrivano a giustificare e perdonare il compagno violento, senza rendersi conto che in questo modo restano prigioniere in un circolo vizioso di violenza dal quale non riusciranno mai ad uscire senza un aiuto esterno. Dalle 371 denunce per lesioni aggravate consegnate all’autorità giudiziaria nel 2019, tra febbraio ed aprile si è scesi a 154, ben 217 in meno, una riduzione di quasi il 60%. «Questo si spiega con il fatto che durante il lockdown le vittime non potevano andare a denunciare i compagni violenti perché erano chiuse con loro in casa», dichiara Maria Letizia Mannella secondo la quale, al contrario, «c’è stato un aumento notevole di questi reati perché ora le denunce sono molto aumentate». Drammatico l’incremento dei reati commessi tra le mura domestiche da soggetti con problemi psichiatrici che durante la pandemia non hanno potuto avere sostegno psichiatrico.
Che sia stato il Covid-19, il divieto di uscita e la paura del contagio a fermare gli stalker che hanno improvvisamente smesso di perseguitare le proprie vittime? Difficile crederlo, sta di fatto che i pm hanno aperto solo 87 fascicoli in relazione ad atti persecutori contro i 165 di un anno prima. Anche in questo caso, è più probabile che sia stata la paura a fermare le denunce. «Non è che di colpo i persecutori sono diventati più buoni», precisa il magistrato che sospetta che l’unica riduzione che potrebbe essere plausibile è quella delle violenze sessuali, dato che in questo quadro rientrano anche i palpeggiamenti che di solito avvengono nei mezzi pubblici che, come si sa, hanno viaggiato praticamente vuoti. Se nel 2019 sono stati aperte 69 indagini, quest’anno ne sono state avviate solo 49. Ma tra queste ci sono anche quelle violenze sessuali, e sono molte, che si verificano in casa. Chiusi nelle loro abitazioni, i pedofili hanno dato fondo a tutta la loro disgustosa attività. «Sono aumentati fortemente gli abusi sui bambini e i reati a sfondo pedopornografico», conferma il procuratore aggiunto.
Le denunce dei vari reati contro i soggetti debili hanno ripreso ad arrivare dopo il lockdown. «Ci sono sì vittime che si sono decise a farsi avanti quando sono potute uscire, ma la cosa più preoccupante è che molti reati sono stati commessi quando non c’erano più divieti. Secondo la mia esperienza, posso ipotizzare che tutte le frustrazioni accumulate sono state scaricare sui più deboli».
Vittime i più deboli Maltrattamenti anche dopo la riapertura «Colpa dell’accumulo di frustrazioni»