Il medico del lavoro: siamo fermi, per noi solo il 20% dei test a pagamento
Pochi i tamponi destinati ai privati Bloccati gli esami nelle aziende
«Sono in grande difficoltà, non so che cosa farà il laboratorio. E che cosa dico ai lavoratori in attesa dell’esito del test sierologico?». A parlare è Luciano Lozar, 69 anni, medico del lavoro che segue circa un migliaio di dipendenti di grosse aziende in Lombardia. Ne sta accompagnando professionalmente alcune che hanno deciso di affidarsi a centri privati per sottoporre i lavoratori agli esami del sangue. Obiettivo: rintracciare chi ha gli anticorpi al coronavirus e quindi ha «incontrato» il Covid-19. È una delle possibilità regolamentate dalla delibera regionale del 12 maggio.
«Ho rispettato tutte le indicazioni, poi siamo partiti» racconta il medico. La settimana scorsa sono stati orgae nizzati i primi turni di prelievi del sangue. Poi giovedì l’Ats di Milano ha inviato ai laboratori una circolare con alcune precisazioni e tutto si è dovuto fermare. Perché? Il nodo sta nella disponibilità dei tamponi, utili a dire chi in questo momento ha l’infezione e può trasmettere il virus. Chi offre i test del sangue deve poi garantire anche questo secondo esame.
Sono una cinquantina i laboratori, pubblici e privati, che fanno parte della rete regionale e analizzano tamponi non è facile aumentare il volume di lavoro, anche per la mancanza diffusa dei «reagenti» necessari. Come si legge nella nota dell’Agenzia di tutela della salute, i privati che già lavorano per la sanità pubblica possono avviare l’offerta di esami a pagamento solo dopo aver sottoscritto con l’Ats un contratto di scopo, in cui specificano che l’ottanta per cento dei tamponi «in più» analizzati deve comunque essere destinato al pubblico e il rimanente venti può essere venduto a cittadini o aziende.
La richiesta del contratto preventivo, sottolineano da Ats, garantisce che non vengano tolte risorse al sistema sanitario regionale, come previsto nella delibera del Pirellone. «Si invitano le strutture — prosegue la circolare — a non dare avvio all’erogazione di tali prestazioni in regime extra Sistema sanitario regionale prima della conclusione delle istruttorie con Ats». Molti laboratori però non hanno ancora firmato il contratto e così hanno dovuto sospendere i test.
È il caso del centro a cui si è rivolta l’azienda seguita da Lozar. «Ho in ballo una settantina di prelievi, cosa devo fare? La circolare dell’Ats arriva in ritardo rispetto alla delibera, che non conteneva queste specifiche». Sono diversi i laboratori che hanno dovuto sospendere i test sierologici per le aziende e i cittadini. Tra questi c’è Humanitas, come segnalato ieri da Il Giorno. Hanno bloccato le nuove prenotazioni anche il Centro diagnostico italiano e l’Auxologico, che specifica: «Abbiamo già preso contatto con Ats e confermata la nostra disponibilità sia per sottoscrivere il contratto integrativo nei termini previsti dalla delibera regionale, sia per proseguire ed ampliare la collaborazione in corso».
Nessuno stop invece per Multimedica, che spiega di aver «adempiuto a tutte le indicazioni». Al momento però solo due privati, Synlab e Cerba, avrebbero già siglato l’accordo. Il sistema adottato dal Pirellone non piace agli esponenti del Partito democratico. «La sorveglianza sui luoghi di lavoro dovrebbe essere in capo alla Regione tramite le Ats — dice la consigliera Carmela Rozza—. Responsabilmente, una marea di datori di lavoro sta cercando di testare i dipendenti a sue spese e ora tutto viene bloccato in maniera ingiustificabile».