Primo «codice rosso» per un soggetto incensurato Scatta la sorveglianza speciale per il marito-padrone Diceva: non mi faranno nulla
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Una «pluralità di condotte marcatamente e parossisticamente violente, sviluppatesi con sistematicità e continuità in un arco temporale di 10 anni, evidenziando nel marito una sorta di rapporto proprietario nei confronti della moglie»: primo caso di misura di prevenzione applicata a un incensurato in base al cosiddetto «codice rosso» (legge 69 del 19 luglio 2019) che ha esteso anche ai soggetti indiziati di «maltrattamenti in famiglia» questo tipo di misura, la quale può prescindere da pendenze penali ma trova fondamento unicamente nel giudizio di «pericolosità sociale» tratto da una serie di indicatori di fatto. E cioè, in questo caso, dalle «reiterate condotte vessatorie ai danni della moglie che, esasperata da continui maltrattamenti e lesioni personali subìti nel corso degli anni, ha deciso di interrompere la relazione sentimentale ed avviare le pratiche per la separazione: decisione non accettata dal marito, che ha tenuto condotte ossessive ed aggressive tali da costringere la donna a recarsi diverse volte al pronto soccorso, causandole un perdurante stato di ansia e paura». A giudizio del collegio presieduto da Fabio Roia con i giudici Veronica Tallarida e Ilario Pontani, «non appare irragionevole la scelta operata dal legislatore di considerare il reato di maltrattamenti in famiglia come dotato di particolare offensività, e quindi intrinsecamente pericoloso per le aspettative di tutela sociale non solo della singola vittima, ma anche di altri soggetti quali quelli legati da relazioni affettive», specie in una tutela rafforzata delle vittime di violenza domestica «declinata proprio in un’ottica di prevenzione anche di fatti di femminicidio che costituiscono sempre un fenomeno strutturato e allarmante».
Tra gli episodi emersi, quello del 20 settembre scorso, costato al marito l’arresto e pochi giorni fa anche una condanna in primo grado a 4 anni e 2 mesi per aver colpito la moglie alla testa con un peso da palestra da 8 kg durante l’ennesima lite: «Il mio ex compagno, quando si è reso conto che la mia decisione era definitiva e non sarebbe cambiata, ha preso un peso da palestra posizionato sotto uno sgabello nel corridoio e, avvicinandosi con sguardo cattivo, mi ha colpito sulla testa – racconta la donna —. Per proteggermi dal colpo ho tentato di coprirmi con le mani, ma non è stato sufficiente per evitare il contatto. Dopo il colpo sono caduta a terra e non ricordo più niente».
«Nel corso dei miei anni di vita — conferma uno dei tre figli — il nucleo familiare ha subìto molteplici abusi portando mio padre a manifestare con estrema violenza il suo carattere nei nostri confronti. Io più volte sono stato vittima di numerosi atti di violenza, di cui uno ancora vivo, risalente