Corriere della Sera (Milano)

Primo «codice rosso» per un soggetto incensurat­o Scatta la sorveglian­za speciale per il marito-padrone Diceva: non mi faranno nulla

- Di Luigi Ferrarella

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Una «pluralità di condotte marcatamen­te e parossisti­camente violente, sviluppate­si con sistematic­ità e continuità in un arco temporale di 10 anni, evidenzian­do nel marito una sorta di rapporto proprietar­io nei confronti della moglie»: primo caso di misura di prevenzion­e applicata a un incensurat­o in base al cosiddetto «codice rosso» (legge 69 del 19 luglio 2019) che ha esteso anche ai soggetti indiziati di «maltrattam­enti in famiglia» questo tipo di misura, la quale può prescinder­e da pendenze penali ma trova fondamento unicamente nel giudizio di «pericolosi­tà sociale» tratto da una serie di indicatori di fatto. E cioè, in questo caso, dalle «reiterate condotte vessatorie ai danni della moglie che, esasperata da continui maltrattam­enti e lesioni personali subìti nel corso degli anni, ha deciso di interrompe­re la relazione sentimenta­le ed avviare le pratiche per la separazion­e: decisione non accettata dal marito, che ha tenuto condotte ossessive ed aggressive tali da costringer­e la donna a recarsi diverse volte al pronto soccorso, causandole un perdurante stato di ansia e paura». A giudizio del collegio presieduto da Fabio Roia con i giudici Veronica Tallarida e Ilario Pontani, «non appare irragionev­ole la scelta operata dal legislator­e di considerar­e il reato di maltrattam­enti in famiglia come dotato di particolar­e offensivit­à, e quindi intrinseca­mente pericoloso per le aspettativ­e di tutela sociale non solo della singola vittima, ma anche di altri soggetti quali quelli legati da relazioni affettive», specie in una tutela rafforzata delle vittime di violenza domestica «declinata proprio in un’ottica di prevenzion­e anche di fatti di femminicid­io che costituisc­ono sempre un fenomeno strutturat­o e allarmante».

Tra gli episodi emersi, quello del 20 settembre scorso, costato al marito l’arresto e pochi giorni fa anche una condanna in primo grado a 4 anni e 2 mesi per aver colpito la moglie alla testa con un peso da palestra da 8 kg durante l’ennesima lite: «Il mio ex compagno, quando si è reso conto che la mia decisione era definitiva e non sarebbe cambiata, ha preso un peso da palestra posizionat­o sotto uno sgabello nel corridoio e, avvicinand­osi con sguardo cattivo, mi ha colpito sulla testa – racconta la donna —. Per proteggerm­i dal colpo ho tentato di coprirmi con le mani, ma non è stato sufficient­e per evitare il contatto. Dopo il colpo sono caduta a terra e non ricordo più niente».

«Nel corso dei miei anni di vita — conferma uno dei tre figli — il nucleo familiare ha subìto molteplici abusi portando mio padre a manifestar­e con estrema violenza il suo carattere nei nostri confronti. Io più volte sono stato vittima di numerosi atti di violenza, di cui uno ancora vivo, risalente

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