Corriere della Sera (Milano)

QUELLE VETRINE DIVENTATE SIMBOLO

- di Isabella Bossi Fedrigotti ibossi@corriere.it

Subito dopo l’inizio del lockdown, Alessandro Giust, che i lettori forse ricordano, proprietar­io di un negozio di oggettisti­ca nel primo hinterland milanese, scriveva: «In questi giorni guardate le vie dove transitate, guardate i vostri quartieri, guardate le saracinesc­he delle botteghe abbassate, guardatele a tutte le ore e sappiate che quando inizierà a fare buio le vetrine saranno spente. Alla riapertura ricordatev­i com’era triste allora la vostra città: lascio a voi come agire affinché, superato questo momento, quelle vetrine possano tornare a illuminars­i». Ora ha riscritto: «È un totale disastro, nessuno ha bisogno di regali (ordinati e da pagare) perché comunioni, cresime, battesimi, matrimoni sono rimandati di un anno. Ma ho una piccola buona notizia: ho fatto fare delle mascherine con il mio logo, lavabili e made in Italy, ho raccolto gli ordini via social e appena finita la clausura le ho consegnate personalme­nte in bicicletta. Mi è servito per tirarmi su il morale e per mantenere il contatto con la clientela locale». Forse, è la conclusion­e, Alessandro Giust riuscirà a salvare la sua impresa. E glielo si augura di tutto cuore, tenendo presente che la sopravvive­nza dei negozi di vicinato, già decimati nel corso degli ultimi anni per opera dei centri commercial­i che circondano o, forse, assediano la città, dipende da noi tutti (in testa certi amministra­tori mai sazi di megastore). Sempre ammesso che si sia ancora in tempo. Perché già li vediamo qui in città, in centro e ancora più in periferia, gli effetti della bufera che ci ha colpiti. Ci sono tra gli esercizi commercial­i, in via di metafora, i morti e i feriti, quelli cioè che hanno chiuso per sempre con vetrine coperte di carta, quasi a nascondere la vergogna del triste interno vuoto e fallito e con l’avviso «Affittasi», marchio della definitiva resa; e quelli che sono «soltanto» feriti, che ancora tentano di resistere, riconoscib­ili dai tanti cartelli con gli annunci degli sconti su tutta la merce, dal 25, al 30, al 50, anche al 70 per cento. Si dovrebbe fare forte tifo per loro, e non solo perché nei giorni della reclusione abbiamo visto come erano le strade senza le luci delle vetrine.

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