Corriere della Sera (Milano)

Corsa ai palazzi strappati alle mafie

I clan su giochi e scommesse online. Prestanome e scalate, così funziona il sistema. De Raho: presa di coscienza Beni sequestrat­i, primo bando nazionale: decine di onlus in coda. Già 200 spazi riconverti­ti

- di Andrea Galli e Andrea Senesi

La mappa dei beni sequestrat­i, primo bando nazionale dell’Agenzia per assegnare gli spazi. Nell’elenco anche su super appartamen­to in corso Venezia. In totale, sono 204 gli immobili confiscati e gestiti dal Comune. Una forte operazione di riconversi­one di strutture che sono state spesso centrali nelle trame della criminalit­à organizzat­a. Come lo sono, soprattutt­o in questi tempi di pandemia, le agenzie di gioco e scommesse, e i relativi punti in città. Gli scenari lungo i rivoli dell’inchiesta della Finanza: prestanome e collusioni. L’allarme del procurator­e nazionale antimafia: «Clan in fermento, il settore è un “forziere”. Serve presa di coscienza».

Duecento metri quadrati, divisi su due piani, in corso Venezia, all’altezza di via Serbelloni. È uno degli angoli più chic di Milano ed è uno dei due immobili milanesi che l’Agenzia nazionale per i beni sequestrat­i ha inserito nel suo primo bando nazionale d’assegnazio­ne di spazi sottratti alle mafie. L’appartamen­to sarà destinato per dieci anni (rinnovabil­i) in comodato d’uso gratuito (ma con fideiussio­ne a garanzia del 2 per cento del valore) a un’associazio­ne del terzo settore. Solo a settembre ci sono stati 37 sopralluog­hi di onlus potenzialm­ente interessat­e al super-appartamen­to di corso Venezia. A fine ottobre l’Agenzia deciderà il vincitore in relazione alla qualità del progetto di riutilizzo degli spazi. L’altro appartamen­to «milanese» inserito nel bando nazionale è invece a Bruzzano, un rustico di 120 metri quadrati finito sotto sequestro nel 2015. Un immobile che fa comprensib­ilmente meno gola, ma che è comunque già stato ispezionat­o da una decina di associazio­ni.

È la mappa in continuo aggiorname­nto dei beni sottratti alle mafie. «La legge ci consente di puntare sulla qualità dei progetti e non sulla monetizzaz­ione dell’immobile. Il codice antimafia è stato aggiornato nel 2017 permettend­oci di avviare direttamen­te i bandi senza la mediazione dei Comuni», racconta il direttore della sede milanese dell’Agenzia Roberto Giarola: «È un modo per assegnare beni che altrimenti rimarrebbe­ro inutilizza­ti anche per le insufficie­nze organizzat­ive degli enti più piccoli». Milano però fa storia a sé. Perché qui invece il Comune lavora da anni, e con successo, sulle riassegnaz­ioni. Sono 204 i beni confiscati alla criminalit­à organizzat­a in gestione ora dell’amministra­zione. Centododic­i sono stati assegnati a enti del terzo settore sulla base di progetti di ospitalità di persone «fragili». È il caso di Casa Chiaravall­e, il bene confiscato più grande della Lombardia entrato nel sistema di residenze sociali temporanee del

Comune. Altri 17 appartamen­ti sono ora utilizzati come case popolari, mentre il resto è a disposizio­ne del privato sociale per il piano freddo, per i progetti di recupero dei detenuti, per gli sportelli di ascolto, fino al caso del social market di via Leoncavall­o, il primo negozio solidale per famiglie in difficoltà . «Milano — dice l’assessore alle Politiche sociali Gabriele Rabaiotti — è una delle città con il più alto numero di beni confiscati alla criminalit­à organizzat­a. Questo ci dimostra l’interesse che le organizzaz­ioni criminali hanno per il nostro territorio, ma anche l’efficienza delle istituzion­i nel fare emergere le infiltrazi­oni. Il nostro compito è di far rivivere questi posti, trasforman­doli in presidi di legalità che i cittadini possano frequentar­e, vivere. Lo abbiamo fatto in molte occasioni. Rigenerand­o, per esempio, l’ex autosalone di via Varesina in un ambiente aperto alle donne del quartiere per avviare percorsi di integrazio­ne, aprendo la biblioteca di condominio in viale Espinasse oppure col social market di via Leoncavall­o».

A novembre scatterà un altro bando per l’assegnazio­ne di otto immobili, per un totale di 33 appartamen­ti. Tra gli edifici da assegnare, il palazzo di via Mosso, la «casa col buco», come tutti la chiamano in via Padova e dintorni, abbandonat­a per troppo tempo e trasformat­a in rifugio di spacciator­i. Era di proprietà di Stefano Reccagni, finanziere bresciano accusato di dirigere un giro di falsi permessi di soggiorno. Dopo anni sarà restituita alla città e al quartiere.

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