Quaranta km al giorno in bici: «Per Codogno»
Ogni giorno 40 km. «Il lockdown non mi ha fermato»
«Questa è stata la mia migliore
LODI amica per settimane, ora è la mia droga». Ada De Maggio, 52enne della bassa lodigiana, accarezza la sua Coppi Myth da corsa, la bici con cui ogni giorno da quattro anni copre i quaranta chilometri «andata e ritorno» che separano Piacenza — dove vive — e Codogno, dove lavora in ospedale come coordinatrice dei servizi infermieristici in chirurgia generale. Runner, ciclista, amante dello sport e della natura, «incapace di stare ferma»: Ada si vede così. È diventata famosa tra i codognesi durante i giorni della zona rossa prima del lockdown nazionale poi: «Tanti si chiedevano chi fosse questa “matta” che ogni giorno arrivava in tenuta da ciclista nell’ospedale più blindato d’Italia dopo la scoperta del virus — ride lei —; alcuni anzi mi hanno anche fotografato o filmato con il cellulare, convinti che violassi qualche protocollo». Ada invece aveva pienamente diritto a passare e circolare: infermiera in chirurgia, appena poche ore dopo il ricovero di Mattia Maestri e la riorganizzazione dell’ospedale, è stata destinata all’area Covid. E non ne è uscita fino a quando l’ospedale, a giugno, ha dimesso l’ultimo malato positivo al virus.
Tutti i giorni, anche sotto la pioggia, Ada non ha rinunciato alla sua pedalata PiacenzaCodogno lungo le ciclabili e le strade poderali del Po. «I militari che regolavano i checkpoint mi riconoscevano — ricorda lei — e mi facevano passare. Durante le due settimane della zona rossa raramente mi sono mossa dall’ospedale: dodici, quindici ore consecutive in servizio poi un po’ di sonno su una brandina. Non mi toglierò mai dalla mente i visi dei pazienti. Ti scrutavano e con gli occhi ti chiedevano se sarebbero tornati a casa. Una cosa straziante. Io pensavo a mia figlia sola a casa, a Piacenza».
Con il lockdown Ada ha ripreso a muoversi stabilmente, avanti e indietro da Piacenza e fino all’ospedale. «La mia ora di serenità e connessione con il mondo, queste pedalate mi hanno aiutato a superare la fatica e il dolore di un reparto Covid. Mi svegliavo presto, anche mezzora prima del dovuto per poi potermi godere un’alba sul fiume». Quattro mesi dopo, Ada è tornata al suo vecchio reparto, ma l’allenamento prosegue. Ha anche ripreso a correre insieme alla sua associazione, il Gruppo Podistico 82 di Codogno, lo stesso di Mattia, il «paziente 1» («ma ci conosciamo solo di vista»). Nelle ultime settimane è diventata una piccola celebrità. È stata invitata a pedalate commemorative, è stata staffettista nella «marcia della memoria» tra Codogno e Vo’ Euganeo, i primi due comuni italiani colpiti dalla pandemia. E stamattina sarà fra i duecento ciclisti che a Turano Lodigiano, altro comune ex «zona rossa», daranno vita alla Pedalata dei Campioni. Un tour di 60 chilometri che percorre tutti i dieci comuni lodigiani che il 24 febbraio furono chiusi nell’enclave sanitaria e un passaggio davanti all’ospedale di Lodi.
Ospite d’onore una leggenda del ciclismo, lo sprinter Mario Cipollini, accompagnato da altri due ex campioni, Massimiliano Lelli e Danilo Traversoni. E poi ci sarà lei, l’infermiera su due ruote, fisico minuto ma una tenacia da vendere: «Ho un po’ paura a condividere la strada con un mito come il Re Leone, ma visto che è una pedalata benefica almeno non lo vedrò scappare via dopo pochi metri», sorride. La vera sua paura in realtà è un’altra: «I contagi che tornano a crescere — confessa Ada —. In ospedale siamo preoccupati. Temiamo di tornare a ciò che abbiamo visto e vissuto appena sei mesi fa».